Già l’anno scorso avevamo scritto che l’aria respirata a Beer Attraction ci era sembrata più entusiasmante rispetto al recente passato. E, come noi, la maggior parte degli espositori presenti aveva manifestato un pensiero simile. Quest’anno le cose sembrano essere andate ancora meglio. Certo, qualche critica è serpeggiata tra i corridoi sempre piuttosto affollati, con punte davvero notevoli nelle giornate di domenica e lunedì, ma è chiaro che qualsiasi cosa è sempre migliorabile. Tuttavia, le impressioni ricavate durante il nostro costante pellegrinaggio da uno stand all’altro sono beneauguranti per il futuro.

 

Numeri in crescita

Ma andiamo con ordine. I numeri innanzitutto, che permettono come sempre di fare un quadro di sintesi. Quest’anno la quattro giorni riminese ha chiuso con 22.743 visitatori mettendo a segno un bel +10% rispetto al 2017 (che, da par suo, aveva mostrato già un segno positivo a doppia cifra sull’anno precedente), 215 i giornalisti e i blogger accreditati, cento i buyer internazionali ospitati e giunti sulla Riviera Romagnola da Stati Uniti così come da Israele e Australia a dimostrazione che la produzione italiana, intesa come birra ma anche come tecnologia, piace sempre di più pure all’estero. E se i numeri sottolineano il successo, la qualità dei visitatori lo evidenzia. A detta di chi ha vissuto la fiera dal primo all’ultimo giorno, è cresciuto ancora il numero di professionisti del settore, principalmente distributori e gestori di pubblici esercizi, arrivati un po’ da tutta Italia con un incremento considerevole dal Centro e dal Sud. Apprezzata dalla quasi totalità delle persone con le quali abbiamo scambiato due parole la suddivisione netta tra il settore dedicato ai produttori e importatori di birra e quello denominato BBTech Expo, spazio infine anche alla gastronomia, con Food Attraction dove si sono tenuti i Campionati della Cucina Italiana organizzati dalla Federazione Italiana Cuochi che ha portato a Rimini 1500 professionisti e 500 cuochi in gara, e all’innovazione con Beer Next. A contorno, ma all’interno, della fiera i diversi laboratori e convegni organizzati da Unionbirrai e da altre diverse associazioni.

 

Una fiera inclusiva

«Mi sembra di aver visto una fiera in salute e una bella vetrina per il settore birra – ci ha raccontato Michele Cason, presidente Assobirra, in visita anche lui tra sabato e domenica agli stand delle 505 aziende espositrici (398 in Beer Attraction e 107 in BBTech Expo). – Va, secondo me, maggiormente coltivata la parte dedicata all’impiantistica magari evitando una separazione così netta tra stand birrari e stand tecnologici: più che altro per garantire un maggiore afflusso di visitatori anche tra questi ultimi ed evitare gli intasamenti tra quelli birrari. Comunque, quello che conta maggiormente è il fatto che ho visto una fiera inclusiva nel senso che alle presenze artigianali si sono affiancate anche quelle delle specialità birrarie di gruppi più o meno grandi. Sono abbastanza sicuro che i brand mainstream non abbiano più la necessità di investire su una fiera, che sia a Rimini o da qualche altra parte, ma per artigianali e per specialties certamente sì. E bene ha fatto Rimini a muoversi in questa direzione».

 

Un mercato in trasformazione

Beer Attraction 2018 ha in effetti fotografato il mercato birrario per quello che è in questo momento: un momento di trasformazione. Se l’onda dei birrifici artigianali è ancora in crescita con qualche rallentamento, le recenti acquisizioni da un lato e l’ingresso sulla scena nazionale di brand stranieri artigianali sta certamente migliorando ulteriormente l’offerta ma anche complicando la vita ai protagonisti. In altre parole, la competizione sarà certamente più serrata. Non a caso Vittorio Ferraris, nuovo direttore generale di Unionbirrai, ha difeso la “compattezza” in fiera degli stand dei birrifici artigianali aderenti a quella che è l’associazione storica di riferimento. «I nostri soci avevano tutti anche un chiaro logo Unionbirrai esposto» – ci ha spiegato – e con l’ente fiera ci siamo battuti perché la birra artigianale avesse uno spazio suo e non fosse frammentata tra tutti gli altri stand. Nessun problema alla presenza di chi non è birrificio artigianale, ma mai come ora dobbiamo tenere salda la differenza e contribuire alla chiarezza che, adesso, è anche garantita dalla legge italiana». Su questa edizione di Beer Attraction, dove, ormai da anni, Unionbirrai è partner ufficiale, Ferraris esprime un giudizio decisamente positivo. «Siamo assolutamente contenti dell’aspetto fieristico e forse mai come nell’ultimo anno abbiamo lavorato bene con Rimini Fiera. Nei quattro giorni di rassegna abbiamo visto un pubblico più professionale e più attento, i laboratori che abbiamo organizzato sono stati molto partecipati non solo da appassionati ma anche da gestori di pub e da operatori del settore. Si può ancora lavorare sulla disposizione degli stand perché effettivamente le cosiddette “ali”, ovvero le sale laterali rispetto a quella centrale, hanno un po’ penalizzato chi aveva lo stand lì, ma speriamo l’anno prossimo di riuscire a porre rimedio anche a questa falla».

 

Artigianale in fiera

Unionbirrai, che recentemente si è trasformata da associazione culturale in associazione di categoria diventando molto più operativa ed efficace rispetto a qualche anno fa, gode peraltro di ottima salute: «Abbiamo avuto un +30% di associati – conclude Ferraris – e alcuni personaggi storici che si erano un po’ defilati dall’associazione si sono ora riavvicinati. È un segnale importante per l’unità della categoria». La parte artigianale della fiera ha goduto sicuramente del numero più importante di visitatori che tuttavia, va sottolineato, solo il sabato prevedeva l’ingresso libero anche agli appassionati (lo scorso anno anche la domenica) e degustazione con gettone, ma questa volta l’impressione è stata di una maggiore professionalità. Niente cori da stadio, tanto per intenderci, e niente scene da festival birrario. Certo, Beer Attraction resta una fiera della birra e nessuno si aspetta un’atmosfera da “cena del Rotary” ma i DJ Set dello scorso anno, e che avevano esacerbato qualche animo, sono stati evidentemente silenziati.

 

I protagonisti

Insomma, sommando tutte le cose, si potrebbero pure tirare già adesso le conclusioni e promuovere ufficialmente Beer Attraction 2018. Ci sembra più opportuno, e nello stile de Il Mondo della Birra, far parlare invece qualche protagonista.

Per Luca Beretta, direttore della Pilsner Urquell & Specialties Business Unit la fiera è stata interessante e ha fotografato il mercato. «Mi sembra che, da parte di tutti, si stia dando molta più attenzione al prodotto birra piuttosto che al contorno – ha sottolineato – e questo è un bene. Nessuno certamente vuole tornare ai megastand di una volta, semmai si potrebbe anticipare la rassegna di qualche settimana rispetto alla collocazione attuale. Per il resto noi abbiamo visto molti operatori interessati, molti clienti e molti potenziali clienti sia per quanto riguarda distributori sia per i gestori di locali più o meno specializzati. È chiaro che oggi Beer Attraction è un appuntamento importante per il canale Horeca». Lo stand delle Specialties di Birra Peroni è stato effettivamente preso d’assalto nella quattro giorni riminese: numerosi anche i colleghi della stampa e gli esperti, anche stranieri, visti con un boccale di Pilsner Urquell in mano. «Credo che sia il tank da 500 litri di Pilsner Urquell non pastorizzata e i fusti della non filtrata abbiano fatto la differenza – ha ripreso Beretta – senza nulla togliere ovviamente a Fuller’s, Meantime e Grolsch. Abbiamo presentato molte novità del resto con i tank della più famosa birra ceca che si stanno diffondendo sul territorio italiano, anche se con molta attenzione e parsimonia, e la versione non filtrata che comincia ad arrivare sul mercato italiano. Per quanto estremamente contingentata. Con i tank contiamo di arrivare a dieci punti vendita selezionati entro l’anno, mentre la non filtrata sarà un “In & Out” ovvero disponibile solo su prenotazione e per un periodo, due mesi circa, limitato di tempo».

Entusiasta della fiera anche un uomo di lungo corso, e che di fiere della birra ne ha viste davvero tante, come Sandro Vecchiato, ceo di Interbrau come l’anno scorso sceso a Rimini con ben tre stand: il classico Interbrau, quello dedicato a Progetto Birra e infine quello riservato alla sua nuova avventura imprenditoriale del Birrificio Antoniano. Vecchiato, nel corso degli anni, ha saputo muovere critiche e osservazioni alla fiera quando lo reputava necessario ma quest’anno ha sostanzialmente applaudito. «Una fiera da voto 10 – ha esordito con noi senza mezzi termini – con tanti vecchi clienti e tanti nuovi. Siamo molto soddisfatti dell’atmosfera e dei risultati. Siamo tornati rimettendo Morrell’s sotto le luci del palcoscenico, mantenendo viva l’attenzione per i nostri grandi classici come Augustiner e facendo praticamente il tutto esaurito con Thomas Hardy’s Ale che fa fatica a esaudire tutte le richieste, anche in virtù di un export che assorbe molta parte della produzione». Discorso specifico per Birrificio Antoniano che ha presentato a Rimini una linea Craft (ergo non pastorizzata) al momento imperniata su un trittico composto da una Keller, una Ipa e una Dubbel ma dove la recente Marechiaro sta registrando una crescita impressionante sul mercato. «Siamo impressionati pure noi – ha confermato Vecchiato – perché Marechiaro è diventata rapidamente la seconda etichetta più venduta e, di questo passo, si accinge a diventare la prima. Con ottimi risultati anche all’estero». Provata sul campo, la Marechiaro effettivamente garantisce una bevibilità straordinaria e scorre in gola facile e gratificante allo stesso tempo.

 

Novità e debutti

Se per Vecchiato dunque la fiera di Rimini è tornata ad avere l’appeal dei vecchi tempi, alcuni volti nuovi hanno debuttato per la prima volta in questa edizione. Kissmeyer, ad esempio, è un piccolo birrificio danese aperto con il contributo decisivo di Ceres e affidato a Anders Kissmeyer, ex di Norrebrø, ex gipsy brewer e con all’attivo collaborazioni importanti come quella con la celebre americana Hill Farmstead. «Il birrificio è operativo da maggio 2017 con un impianto potenzialmente da 8mila ettolitri l’anno – ci ha raccontato Alessandro Petrelli, direttore vendite Italia per Kissmeyer – e qui a Rimini è la nostra presentazione ufficiale. La rete vendita sarà gestita da una struttura dedicata, le birre sono frutto esclusivo della mente di Anders». Il che significa carattere luppolato deciso sugli stili relativi, Session, Black e Double Ipa e intensità con bilanciamento per le due Belgian. «Mi sembra che la fiera sia cambiata e in meglio – ha concluso Petrelli. – Credo che una maggiore apertura a tutti i protagonisti del settore alla fine giovi a tutti».

Difficile dire che Stefano Baldan sia un volto nuovo a Rimini, ma nuova di zecca è la sua avventura imprenditoriale chiamata Brewrise. Una società specializzata nell’importazione di birre esclusive che ha già nel carnet marchi importanti come Chimay, Brasserie Dubuisson, Lindemans e Founders. «Voagliamo mettere insieme tradizione e innovazione – ha commentato Baldan entusiasta del suo nuovo progetto – creando partnership forti e garantendo un servizio a 360 gradi. Vogliamo far crescere i nostri brand e per questo motivo siamo molto attenti a non creare dei “doppioni” che possano in qualche modo cannibalizzarsi a vicenda. Brewrise è l’anello di congiunzione tra produttore e distributore, dando la possibilità a quest’ultimo di ricevere un semplice cartone di birre, per poterle testare, e di farlo crescere fino a poter avere lui un rapporto più diretto con il produttore». Molte le novità anche in questo stand con birrifici assai interessanti come il finlandese Flying Dutchman, lo spagnolo Nomada, l’olandese Jopen, l’american Steamworks e gli italiani Olmaia e Birra Salento.

Niente birra italiana ma solo specialità dall’estero invece per due nomi importanti come Ales & Co e F&G Srl. Lorenzo Fortini, amministratore delegato di Ales & Co, ha le idee chiare n merito a Beer Attraction di quest’anno: «La presenza delle specialties ha aiutato i craft, e la presenza dei craft ha aiutato le specialties – ha voluto sottolineare. – Per quanto ci riguarda un ottimo risultato anche quest’anno. Molti contatti, molti buyer, si sono visti tanti operatori dal Sud Italia, Sicilia, Puglia e Campania. Molti di più dello scorso anno e questo ci fa molto piacere perché con il Centro Sud lavoriamo meglio di quanto ci saremmo aspettati. Conferma d’interesse per Brewdog, Stone Brewing, Moor e Beavertown e grande richiesta per le lattine». Il successo delle lattine, che stanno abbandonando il posizionamento basso e da grande distribuzione di un tempo, è confermato anche da Graziano Fecchio, titolare della piemontese F&G Srl a “trazione integrale” di birre artigianali Made in USA. «Le lattine hanno riscosso un grande successo – ha confermato – e questo è un fenomeno che, dagli States, sta arrivando fino da noi. In America ci sono birrifici che stanno addirittura eliminando le bottiglie per dedicarsi solo alle lattine. Noi siamo soddisfatti grazie a brand riconosciuti come Coronado Brewing, per la quale abbiamo avuto ospite anche il presidente Rick Chapman, e Great Divide con il debutto della sua Strawberry Rhubarb, una sour ale disponibile in bottiglia da 33 cl e in keykeg da 30 litri. Molti incontri, più pubblico rispetto allo scorso anno e un numero molto interessante di titolari di beershop. La vera novità di questa edizione».

Come sempre, Beer Attraction ha salutato il debutto di un numero impressionante di novità anche in termini di prodotti. Impossibile raccontarle tutte o più semplicemente contarle. Da Birra del Borgo Leonardo Di Vincenzo ha presentato la nuova LISA, fino all’anno scorso in lattina e oggi in bottiglia. Quasi, insomma, in controtendenza. «No assolutamente – ci ha contraddetto Di Vincenzo – semmai il riposizionamento di LISA, sia in termini di ricetta sia di packaging, si spiega con il nostro desiderio di avera una birra gateway, che ci permetta cioè di entrare anche in locali non troppo specializzati sul fronte birra». E novità al plurale per Cuzziol, firma di peso nel mondo della distribuzione da decenni ma che recentemente ha affidato a Domenico De Conti una specie di task force dedicata alla birra. E De Conti ha rapidamente creato una squadra di tutto rispetto con gli italiani Birrificio Artigianale Veneziano, Bradipongo e Bionoc, scozzesi come Loch Lomond, inglesi come Wold Top, belghe come Bombrewery Triporteur. «Abbiamo lavorato sulle eccellenze – ci ha detto Bepi Cuzziol – e vogliamo continuare a lavorare sulla qualità più che sulla quantità. Certi birrifici li abbiamo visti nascere e li abbiamo aiutati a crescere. Ora stiamo costruendo una rete vera e propria di contatti anche se, tendenzialmente, la nostra azienda lavora maggiormente con i distributori più che con il singolo locale».

 

Un punto di riferimento

Mentre ci accingiamo a concludere questo lungo report da Rimini, che in realtà potrebbe essere anche lungo il doppio, ci sovvengono le presenze significative di Birra Forst, ritornata sulla scena dopo il grande rientro dello scorso anno, il nuovo debutto di Guinness, da anni latitante invece, e di Theresianer. Il senso di queste presenze è chiaro: Beer Attraction è tornata a essere un punto di riferimento per il mondo Horeca, in primo luogo, ma anche per quei buyer di grandi catene che cercano birre non mainstream. Per Radeberger la tendenza era già chiara da qualche anno come ci ha ribadito Rolando Bossi che della sede italiana dell’azienda tedesca è l’anima da tanti anni. Talmente tanti che questa volta ci saluta e ci lascia con il figlio Lorenzo che, pur giovane, è già ben inserito nel lavoro. «La fiera quest’anno ha visto la partecipazione di un numero ancora maggiore di operatori commerciali – ci racconta – e di esercenti che si sono dimostrati molto interessati alle nostre proposte: da Boon a Rodenbach passando per Firestone Walker. Tutti ci sembrano che stiano comprendendo come, più dei nomi e delle etichette, quello che conta è ciò che trovi nel bicchiere. Il prodotto per l’appunto. E noi volutamente abbiamo voluto creare uno stand molto easy e con pochi fronzoli, perché è la birra quella che conta davvero. La novità di quest’anno? Ne abbiamo molte ma direi sicuramente la Geuze di Boon che sarà disponibile alla spina. In tiratura limitata ovviamente, appena 120 pezzi e basta».

E, prima di dare appuntamento a Beer Attraction 2019, dal 16 al 19 febbraio, ci resta il tempo per andare a trovare chi, a Rimini, praticamente gioca in casa. «Molto bene soprattutto domenica e lunedì – conferma Andrea Bagli di Birra Amarcord – con molti contatti interessanti. Rimini sta tornando a essere un appuntamento importante e il rientro di alcuni operatori, il fatto che non sia solo una fiera della birra artigianale, permette di avvicinare un pubblico professionale più trasversale. Quest’anno forse sono un po’ mancati i buyer della grande distribuzione, un anello fondamentale per chi come noi vuole crescere anche nel canale Off Trade. In compenso abbiamo presentato alcune novità interessanti come la Blanche della linea Bad Brewer, in stile belga ma rivisitato secondo la filosofia americana della linea quindi con un dry hopping di Citra, e la A Sour Ale, un progetto al quale abbiamo lavorato a lungo perché si tratta della nostra Tabachera che a metà fermentazione passa in botti dove si completa e riposa un paio d’anni con inoculo di lieviti particolari. Sono solo 5mila bottiglie, per noi è un divertimento e una sorta di esercizio passionale ma, del resto, fare birra non è anche questo?»

Ricordando le mille e più facce incontrate in fiera, i brindisi con vecchi e nuovi amici, le innumerevoli chiacchiere tra gli stand, non possiamo che essere d’accordo.