La birra entra sempre di più nelle abitudini di consumo degli italiani.
La conferma arriva dall’analisi dell’andamento del mercato, presentata nel Report Annuale di AssoBirra, che mostra un 2018 protagonista di una crescita tanto dei volumi, quanto della produzione e del consumo pro-capite.
Un trend, quello di consumi e produzione, in aumento già da anni. La produzione di birra è cresciuta di oltre otto volte negli ultimi dieci anni, passando dai 13,2 milioni prodotti nel 2013 ai 16,4 milioni del 2018, con una crescita di quasi 750.000 ettolitri di birra dal 2017 al 2018, pari al 4,7%. Con 16.410.000 hl nel 2018, oggi l’Italia è al 9° posto in Europa per volumi di produzione, mentre è in 5ª posizione per numero di birrifici.
Una crescita favorita dall’aumento continuo dei consumi che nel 2018 hanno superato per la prima volta i 20 milioni di ettolitri, passando dai 19.684.000 ettolitri nel 2017 ai 20.319.000 del 2018, con un +3,2%, in controtendenza rispetto ai consumi alimentari in Italia che sono invece in riduzione (-0,5%).
Consumi e consumatori
Insomma, stando ai dati presentati da AssoBirra, quasi un italiano su due beve più birra rispetto a 5 anni fa, con una percentuale di italiani che bevono birra che arriva al 77%. Certo il consumo pro capite nella nostra penisola continua a essere decisamente più basso rispetto a quello di molti altri Paesi europei: 33,6 litri di birra per l’Italia, il suo massimo storico, che fa segnare un aumento del 3,4% rispetto al 2017, scalzando la Francia al 30° posto, ma ancora molto lontano dai 138 litri della Repubblica Ceca, leader indiscussa. A seguire l’Austria con 105, la Germania con 101 e la Polonia con 97. Secondo l’indagine commissionata da AssoBirra ad AstraRicerche, la birra restituisce dunque un’immagine di una bevanda che vede rafforzare da un lato la propria reputazione, dall’altra la propria natura di bevanda da pasto. Una bevanda dal consumo trasversale, per età e zone geografiche. Con la categoria femminile in crescita, sempre più vicina ai numeri di consumo maschili. Consumatori che sempre di più apprezzano la varietà birraria, pronti a sperimentare nuove modalità di consumo, attenti, interessati e consapevoli.
Import & Export
Segno più anche per quanto riguarda l’import e l’export, che nel 2018 ha raggiunto il nuovo massimo storico sfondando il tetto dei 3 milioni di ettolitri, in aumento del 6,6% sul 2017.
L’import passa invece da 6.856.000 a 6.948.127 ettolitri con un leggero incremento (+1,2%). Tra i Paesi maggiormente esportatori, il Belgio (oltre 2 milioni di ettolitri nel 2018) ha superato la Germania (1,8 milioni di ettolitri), storico numero uno dell’import italiano, mentre si conferma europeo il 95% delle importazioni di birra. Per quanto riguarda l’export, invece, il Regno Unito si riconferma di gran lunga il mercato di riferimento numero uno per l’esportazione italiana con quasi 1,5 milioni ettolitri.
Segmentazione del mercato
A registrare il segno più sono soprattutto i consumi delle birre “speciali”, aumentati negli ultimi 5 anni del 115%. Birre speciali che arrivano a valere nel 2018 l’11,69% del totale, rispetto al 9,99% del 2017 e al 5,44 del 2013. A detenere la quota principale restano le birre lager, con l’86,56% dei consumi totali, bevute sempre più anche in autunno e in inverno, a conferma di un trend di destagionalizzazione in atto già da diverso tempo. Una percentuale, questa, che però fa segnare un trend negativo perdendo un ulteriore 1,59% rispetto al 2017 e confermando un percorso di riduzione costante negli ultimi anni. A completare lo scenario, le Low-non Alcoholic, con un marginale 1,75% del totale.
Per quanto riguarda il packaging, a farla da padrone resta la bottiglia in vetro a perdere che fa segnare il 78,79% del totale, seguita dal fusto (11,63%), in leggero aumento, dalla lattina (4,85%), in lieve calo, e per concludere dalla bottiglia in vetro a rendere (4,73%).
Infine, uno sguardo alla struttura dell’offerta. Heineken Italia Spa resta in vetta per birra immessa al consumo anche nel 2018, con 6.254.000 ettolitri e il 30,8% del totale. Segue Birra Peroni Srl con il 18,8% e al terzo posto Carlsberg Italia Spa con 1.225.000 pari al 6%.
Micro birrifici, produzione +4,3%
Il settore della birra artigianale ha registrato recentemente un vero e proprio boom. Dopo la nascita, in tutto il Paese, di nuove realtà imprenditoriali per gran parte giovanili, oggi i microbirrifici censiti sono 862, per una produzione di 504.000 ettolitri, in crescita del 4,3% sul 2017. Le organizzazioni censite da Nord a Sud contano 3000 addetti e si suddividono in birrifici artigianali (692) e brew pub (170). La quota di mercato a loro associabile è del 3,1%. La regione in cui sono presenti più strutture è la Lombardia, che guida questa speciale classifica con 147 organizzazioni. Più staccate, invece, Piemonte (80), Veneto (74) e Toscana (63), mentre la regione del Centro-Sud con più strutture è la Campania, che annovera 55 birrifici tra artigianali e brew pub.
Accise
In Italia, la birra è l’unica bevanda da pasto sottoposta all’imposizione di una accisa alla produzione, pari a 2.99 euro per ettolitro su grado Plato (dal 1 gennaio 2019). Un’aliquota importante che, al livello internazionale, fa dell’Italia un Paese tra quelli nella fascia alta per pressione fiscale. Un’aliquota che in questi ultimi anni ha vissuto finalmente un’inversione di tendenza, dopo anni di incremento fiscale. Se infatti dal 2013 al 2015 le accise sulla birra sono cresciute progressivamente, passando da 2,35 euro a 3,04 per ettolitro su grado Plato, nel 2017 si è verificata una diminuzione dello 0,7% proseguita quest’anno con un -1%. I produttori nazionali di birra chiedono che questo percorso di riduzione progressiva della tassazione continui, con una revisione della legislazione relativa alla filiera produttiva. Il focus dell’Università Cattolica di Milano, presentato nel Report Annuale 2018 di AssoBirra parla chiaro: l’imposizione dell’accisa solo sulla birra induce distorsioni che non hanno giustificazioni economiche. L’accisa per sua natura ha un effetto recessivo, pesando soprattutto sui consumatori con minori disponibilità di reddito. Inoltre, sul piano dell’organizzazione della struttura produttiva, non esistono differenze marcate rispetto alla produzione di altre bevande nazionali, vino incluso.