Il legame con il territorio e un lavoro di rete e di collaborazione in cui le birre sono il punto di partenza e, in un circolo virtuoso, il risultato. Sul piano del gusto, una ricerca dell’eleganza e dell’equilibrio, ma talvolta anche di un prodotto più ‘morbido’. Non mancano neppure le sperimentazioni più ardite che fanno, con l’aggiunta di spezie e prodotti locali, delle birre italiane delle vere eccellenze. Ecco le loro produzioni raccontate dalle protagoniste dell’incontro ‘Birre con il tocco femminile’ organizzato dall’Associazione Le Donne della Birra a Rimini, in occasione di Beer Attraction, il primo che ha riunito sei imprenditrici del settore per andare alla scoperta di un lavoro, ancora troppo spesso legato alla figura maschile, in cui le donne si vanno facendo spazio. «Sono donne di grande coraggio – ha sottolineato Elvira Ackermann, presidente dell’associazione –. Spesso i microbirrifici nascono da una passione, dalla birra fatta in casa, da cui scaturisce un piccolo business, e a quel punto occorre guardare anche alle esigenze del mercato». Il mondo della birra si rivela un’opportunità quanto mai interessante in un momento di difficoltà occupazionale come quello attuale e le donne la stanno cogliendo. Le donne imprenditrici stanno rivelando un’energia e una dinamicità che, anche all’interno di un settore in cui il ruolo dell’uomo è decisamente preponderante, le stanno facendo emergere con prodotti che conquistano la curiosità del mercato. Guardate finora con sufficienza e anche una sottile ironia dal mondo maschile, stanno dimostrando, invece, tutte le capacità per far ritornare la birra, non dimentichiamolo, alle sue origini tutte femminili.
Giovanna Merloni: «Birre mai estreme perché ogni sorso deve spingere a un secondo».
Ingegnere meccanico, cinque lingue parlate e scritte, tre figli di cui due gemelli, Giovanna Merloni, titolare della Ibeer di Fabriano (An) e in passato amministratore delegato dell’importante azienda di famiglia, è approdata alla birra per passione, ma anche analizzando ‘freddamente’, forte dell’esperienza maturata, le concrete possibilità di business offerte dalla propria azienda agricola. «La birra richiede un investimento inferiore in termini di tempo rispetto al vino, altra mia grande passione – ha indicato Giovanna Merloni –. La birra ha il pregio di essere un prodotto immediato, che impiega solo un anno circa per arrivare da materia prima a prodotto finito». La passione di Giovanna è sfociata in un birrificio eclettico, che spazia in una gamma che va dalle classiche birre in stile tedesco o belga fino alle Saison e all’IGA, azzardando, dopo aver risposto alle esigenze di base del mercato, qualche interessante sperimentazione grazie all’aggiunta di ingredienti come la canapa o il rooibos, il dissetante thè rosso africano. Le sue birre sono eleganti ed equilibrate «mai estreme perché ogni sorso deve spingere a un secondo» come spiega la titolare di Ibeer. I problemi di questo affascinante lavoro per una donna? «La fatica fisica, che è davvero tanta, ma basta una buona organizzazione per aggirare l’ostacolo» indica Giovanna Merloni, che vede nel birrificio aperto nella sua azienda agricola, dove peraltro abita, un’ottima opportunità per conciliare lavoro e famiglia.
Giulia Bonacina: «Il territorio per noi è importante, tanto che anche i nomi in dialetto vi fanno esplicito riferimento».
La lecchese Giulia Bonacina, 29 anni, una laurea in marketing e pubblicità, quattro anni fa ha lasciato un lavoro sicuro per ‘buttarsi’ nella birra per amore, come dice lei stessa, seguendo il suo compagno e la sua famiglia in un’avventura imprenditoriale di successo di cui lei è socia, insieme ad altri cinque, con incarichi operativi di comunicazione e amministrazione. Il suo tocco femminile però lo ritroviamo anche nel gusto della gamma Dulac. «Adoro le birre belghe e quante volte freno sulla luppolatura pensando a un gusto femminile, come il mio» ha spiegato Giulia, che nel birrificio si confronta con le scelte al maschile dei birrai. Dal birrificio, con sede a Galbiate, tra il lago di Lecco e quelli della Brianza, posizione da cui deriva il nome, esce una gamma di nove specialità, tra cui La Maron, terza classificata 2016 a Birra dell’Anno nella categoria Birre alla Castagna. «Il territorio per noi è importante, tanto che anche i nomi in dialetto delle birre vi fanno esplicito riferimento» ci tiene a sottolineare Giulia citando oltre a La Bianchina, prodotta con grano saraceno, La Durada, in cui ritroviamo il miele di zona.
Elisa Lavagnino: «Un prodotto di famiglia, oggetto di quella cura che le donne per tradizione riservano alla loro cucina».
36 anni, un dottorato di ricerca in ingegneria e nuove tecnologie, Elisa Lavagnino, titolare del birrificio Taverna del Vara, ha ‘usato’ la birra per tornare alle radici, recuperando, dopo un apprendistato presso il Piccolo Birrificio Clandestino, l’attività del nonno di produzione di spuma e vino nell’entroterra spezzino. Anche le sue birre parlano di territorio e produzioni locali, come ha indicato Elisa, che pensa alla birra come a un prodotto di famiglia, elaborato con l’attenzione e la cura che le donne per tradizione riservano alla loro cucina. E quindi troviamo, in Casta, per esempio, le castagne della vicina Lunigiana. Ma le birre di Elisa parlano anche di relazioni umane, alle quali lei assegna un grande valore, sviluppando collaborazioni uniche, come quelle con alcuni locali di zona.
Silvia Castagnero: «Una Pils ammorbidita nelle sue punte di amaro pensando proprio al gusto di noi donne».
Una donna del vino convertita alla birra: ecco Silvia Castagnero, piemontese della provincia di Asti, titolare del birrificio Edfil e vincitrice del terzo posto nella categoria Pils di Birra dell’Anno 2018. «Una Pils che ho ammorbidito nelle sue punte di amaro pensando proprio al gusto di noi donne» ha affermato Silvia, che, a quanto pare, ha avuto ragione, tra l’altro confrontandosi con uno stile difficile. Nelle sue birre ci sono il suo orzo, il suo luppolo e la sua canapa e, a breve, non avrebbe potuto essere diversamente, il suo vino, visto che Edfil ha in progetto una IGA. Tra le sue eccellenze, perfetta per un pubblico femminile, la Scotch Ale, ottenuta con un grande impiego di malti e l’aggiunta di whisky proveniente da una piccola distilleria scozzese, che rivela sentori di caffè e mandorle perfetta per un abbinamento con il cioccolato, «prodotto amatissimo proprio da noi donne» conclude Silvia Castagnero.
Valentina Russo: «La mia è una birra fuori dagli schemi, non segue i classici stili birrari».
35 anni, di Francofonte, nei pressi di Siracusa, Valentina Russo ha avviato la produzione della sua birra (Birrificio Ties) mantenendo in parallelo la sua attività in uno studio medico. «Una ricerca attenta e precisa dei prodotti della mia terra per produrre una birra risultato di una condivisione di progetti» ecco il tocco femminile di Valentina, che propone una birra che profuma degli agrumi meno noti di Sicilia, come il taclè. «La mia è una birra fuori dagli schemi, non segue i classici stili birrari» così la descrive Valentina, che ha allo studio un progetto con la Regione Sicilia per incentivare il rapporto della sua produzione con il territorio, cioè con altre realtà imprenditoriali di zona sviluppando una condivisione utile a realizzare un prodotto il più possibile autoctono. Oltre al taclè, nelle sue birre ritroviamo il cioccolato di Modica (A Saracen) e un raro agrume come il meraviglia (Amaravigghia).
Silvia Amadei: «Nella mia birra, ingredienti coltivati nella mia azienda, dal luppolo alla zucca al miele».
Infine, la più giovane, Silvia Amadei, 26 anni, che, guardando alla dinamicità del mercato birrario, dal 2014 ha inaugurato nell’azienda agricola di famiglia, la Agrilab di Campagnano di Roma, la produzione di birra. Per lei, l’utilizzo il più possibile di ingredienti di propria coltivazione, dal luppolo fresco alla zucca al miele, è una precisa scelta strategica, ma la sua gamma è anche il risultato di una maniacale e femminile attenzione a ogni dettaglio della fase produttiva fino al consumo del prodotto, che la spinge addirittura a consegnare le birre personalmente ai locali andando a controllare la temperatura della cella affinché il prodotto giunga al consumatore in condizioni ottimali. Tra le specialità Agrilab, segnaliamo Red Kiss, birra d’ispirazione irlandese, di colore ambrato scuro, prodotta con sei malti d’orzo, un pizzico di segale e cinque luppoli, sulla cui etichetta ritroviamo proprio Silvia.
Forst & le altre
È uno dei più felici e illustri esempi di imprenditoria femminile in campo birrario: Forst. L’azienda meranese, fondata nel 1857 da Johann Wallnöfer e Franz Tappeiner fin dagli inizi ha visto le donne giocare un ruolo di primo piano, a partire da Filomena, moglie di Josef Fuchs, che l’acquista nel 1863. A lei seguono Fanny Fuchs, che la guiderà fino al 1933, Margarethe, che ne prende le redini nel 1989, fino ad arrivare ai nostri giorni con Margherita Fuchs von Mannstein. Non solo è la prima in ordine di tempo nel panorama brassicolo italiano, ma la Forst è anche la prima in termini di fatturato. Eppure dopo un lungo periodo in cui è stata quasi un caso isolato in un mondo prettamente maschile, grazie al successo della birra artigianale ora sono ben 72, secondo gli ultimi dati diffusi da Unioncamere, le imprese femminili del settore che l’affiancano. In pratica, se in totale i birrifici nel nostro Paese sono circa 700, per l’esattezza 693 secondo Unioncamere, quasi uno ogni 10 ha come titolare una donna o, nel caso di società o cooperative, oltre il 50% di soci donne o, per altre forme giuridiche, oltre il 50% di amministratori donne. Attenzione, però, in alcuni casi si tratta di figure non operative, mentre dall’elenco mancano alcuni birrifici che sono dichiaratamente al femminile per quanto riguarda l’attività decisionale delle donne, ma che non hanno le prerogative individuate dall’Osservatorio dell’Imprenditoria Femminile di Unioncamere. In ogni caso sappiamo che i birrifici in cui le donne hanno un ruolo importante, anche se non ufficializzato, sono in netta crescita.