Occhio al prezzo, ma la qualità è vincente

Un consumatore sempre più esigente e appassionato, un prodotto di qualità, l’export e il turismo brassicolo offrono delle concrete prospettive di crescita alle produzioni artigianali. Prezzo, concorrenza e canali si confermano i punti critici

di Giuliana Valcavi

Foto in copertina: Fernando Zecca, a sinistra, col padre Maurizio

Le difficoltà non mancano, ma con i birrai artigianali si respira un clima ottimistico. Da tenere sotto controllo soprattutto i prezzi, ma anche la valutazione dei canali di distribuzione appare molto importante. Tra le preoccupazioni maggiori, la concorrenza del prodotto industriale che ammicca alle birre artigianali. Tra le prospettive migliori, il turismo brassicolo, in grado di offrire nuove opportunità, ma anche di promuovere i consumi delle produzioni artigianali. Da Sud a Nord, la parola ad alcuni importanti birrifici artigianali e agricoli.

FERNANDO ZECCA
Birra Salento Società Agricola

Continuano a crescere i birrifici artigianali nel nostro territorio. Credo che questa diffusione, la sete di conoscenza del bevitore unita al turismo brassicolo, i volumi di birra che ogni anno aumentano e la crescente attenzione sul rapporto qualità/prezzo siano il volano per un futuro roseo nel panorama artigianale.  Tutto ciò nonostante negli ultimi anni i birrifici industriali stiano lanciando birre non filtrate e regionali, che rischiano di creare confusione al consumo.

Cosa cerca il consumatore italiano nella birra in generale e in una birra artigianale in particolare?

La birra rappresenta convivialità e voglia di brindare in qualsiasi momento della giornata. Magari abbinata a un piatto di pasta in un ristorante o a un hamburger in un pub. Ma, negli ultimi anni il consumatore è anche sempre più attento a cosa beve, si informa sugli stili birrari cercando anche quelli più particolari e inizia a capire il significato della famosa frase di Kuaska: “La birra non esiste, esistono le birre”. Il consumatore, quindi, cerca nei prodotti artigianali quelle birre che nell’industria sono rare da trovare e quei gusti che raccontano il territorio di produzione. Insomma, il termine ‘artigianale’ credo dia al consumatore idea di qualità e di vicinanza.

In che misura il turismo brassicolo può sostenere la produzione di birra  artigianale?

Il turismo brassicolo è una delle attività principali per il nostro birrificio. Negli ultimi tre anni abbiamo ospitato più di 10.000 visitatori. E’ grazie a queste attività che si continua a diffondere la cultura birraria e si sviluppa una crescita esponenziale nella richiesta delle birre artigianali italiane. In Birra Salento proponiamo diverse tipologie di tour birrari con l’unico obiettivo di diffondere la nostra passione, l’attenzione e la ricerca delle materie prime utilizzate. Dedichiamo anche tempo alla degustazione, spiegando l’importanza della spillatura, del servizio e dell’abbinamento gastronomico.

Quali i vostri punti di forza?

Birra Salento è la realizzazione di un sogno iniziato nel 1963 quando mio nonno Fernando lavorava in un birrificio in Svizzera e sognava di tornare nel suo paese d’origine. Dopo diversi anni, mio padre acquista con un amico un camioncino e inizia una vendita di birre speciali porta a porta durata anni fino ad arrivare, dopo diverse difficoltà, a realizzare il sogno di Birra Salento. La passione per la birra da generazioni è quindi l’ingrediente principale che dà vita alle nostre creature birrarie. Birra Salento inoltre è un birrificio agricolo. Grazie a una lunga sperimentazione con il dipartimento di ricerca dell’Università del Salento sono state individuate tre varietà di orzo da birra, ora coltivate nei terreni di fronte al birrificio. Abbiamo inoltre avviato quest’anno la sperimentazione del luppolo, una nuova coltura nel territorio pugliese. Si è partiti da un campo di tre ettari con diecimila piante coltivate per lo più di varietà americane e sperimentazioni di varietà nordeuropee. Il nostro obiettivo è quello di creare un indotto economico nel nostro territorio facendo coltivare orzo e luppolo in terreni ora incolti. Altra novità importante è la realizzazione della nostra malteria.

Infine, quali le nuove birre di Birra Salento?

Abbiamo una nuova linea di birre completamente analcoliche: una IPA (Fripa), una Saison ai frutti di bosco (Friberry) e una Stout ad infusione di caffè (Coffri). Crediamo che i prodotti analcolici non rappresentino una moda, ma una necessità, la possibilità di bere una buona birra artigianale a chi per diversi motivi non può permettersi la gradazione alcolica.

GIUSEPPE COLLESI
presidente Fabbrica della Birra Tenute Collesi

Attualmente la birra artigianale sta vivendo un momento abbastanza difficile per vari motivi, tra cui il fatto che si sono inseriti nel comparto prodotti industriali ispirati al mondo craft con prezzi concorrenziali grazie alle economie di scale che riescono a mettere in atto. Nonostante il riposizionamento degli ultimi anni in termini di prezzo non possiamo ancora confrontarci coi prezzi della birra industriale. Quindi, sotto il profilo dei volumi il mercato delle artigianali è stabile e non riesce a superare il 4% del totale contro le previsioni del 2018/2019 che ipotizzavano di arrivare a circa il 10% nel giro di pochi anni. Nonostante i consumi procapite di birra siano cresciuti, la birra artigianale non cresce. Anche l’affollamento eccessivo non gioca a favore della birra artigianale in generale: siamo veramente tanti (circa 900) e possiamo quindi prevedere una diminuzione numerica nei prossimi anni. Sono destinati a rimanere i birrifici più strutturati e quelli che hanno comunicato il prodotto.

Cosa chiede il consumatore  italiano a una birra artigianale?

Innanzitutto, alta qualità, ma anche un prezzo competitivo, in funzione soprattutto delle contingenze economiche con le quali il consumatore si sta confrontando. In sostanza, un buon rapporto qualità/prezzo.

A livello distributivo, la presenza nel canale GDO è una realtà concretamente  praticabile dai birrifici artigianali e dai microbirrifici italiani?

Purtroppo, le birre artigianali non sono ancora adeguatamente presentate a scaffale. Bisognerebbe creare dei comparti dedicati che non comprendano i prodotti industriali ed evidenzino piuttosto il birrificio agricolo, come nel nostro caso, che produciamo direttamente orzo di alta qualità.

Quindi, gli ingredienti rappresentano l’aspetto più importante della produzione Collesi?

La materia prima di alta qualità, ma anche le modalità produttive, riconosciute a livello internazionale. Siamo la birra artigianale italiana più premiata nel mondo: in 10 anni abbiamo avuto più di 250 riconoscimenti internazionali.

Infine, sono previste novità per Birre Collesi?

Come da nostra tradizione, a maggio usciamo con un’edizione limitata per l’estate (una delle due stagionali che presentiamo ogni anno, l’altra a Natale). Sarà solo in bottiglia, mentre la gamma tradizionale è in bottiglia e fusto. Nell’Horeca siamo presenti col marchio Collesi in tre formati (33, 50 e 75 cl) oltre al fusto. Nella GDO siamo col marchio Terza Rima in bottiglia (50 e 75 cl).

Giuseppe Collesi

 

MARCO ZORZETTIG
titolare di Birra Gjulia

Il mercato ha avuto un boom negli anni passati ed ora è stabile. Noi abbiamo avuto recentemente una crescita del 10%, ma nella situazione attuale è molto difficile registrare incrementi. Anche a livello numerico, il mercato è saturo con una presenza di birrifici artigianali ormai in tutte le regioni. E’ difficile ipotizzare che si affaccino sul mercato numerosi nuovi birrifici anche perché adesso ci stiamo confrontando con seri problemi di costi dell’energia e delle materie prime che rendono davvero difficile l’avvio di nuove piccole realtà produttive.

Birra Gjulia è un birrificio agricolo. Questo vi consente di arginare il caro prezzi?

No, talvolta conviene di più acquistare un prodotto standard già pronto. E’ una scelta di qualità la nostra, qualità di prodotto e attenzione all’ambiente: noi lavoriamo un prodotto naturale, senza ricorso a prodotti chimici, e prestiamo attenzione a tutti gli aspetti legati all’impatto ambientale.

Parliamo di canali di distribuzione?

I birrifici artigianali sono abbastanza diversificati in questo senso. C’è chi, come Birra Gjulia, punta sull’Horeca e chi invece preferisce andare in GDO. I più piccoli vanno in locali altamente specializzati di zona. Inoltre, c’è il mercato estero, al quale noi stiamo puntando.

Cosa vuole il consumatore italiano da una birra artigianale?

C’è chi vuole una birra artigianale più simile a quelle industriali e altri, soprattutto giovani, che cercano prodotti molto caratterizzati, corposi, luppolati. Tra i prodotti di tendenza, le IGA. Tutto sommato comunque il consumatore continua a privilegiare i prodotti più facili, anche nella nostra gamma sono privilegiate la bionda e l’ambrata, che consentono anche abbinamenti più immediati a tavola.

Quali le problematiche che la birra artigianale si trova ad affrontare col consumatore?

Il prodotto artigianale deve essere spiegato, occorrono interventi che portino il consumatore ad avvicinarsi in maniera preparata e corretta al mondo birrario artigianale affinchè non si trovi di fronte a esperienze inattese. Al riguardo, ecco l’importanza delle carte delle birre che possono facilitare i consumi anche di birre particolari.

Quale l’ultima novità di Birra Gjulia?

L’anno scorso abbiamo presentato Kristal, una IGA ispirata a un’antica ricetta tedesca con l’aggiunta di mosto Sauvignon, destinata a essere consumata come aperitivo.

Marco Zorzettig (sulla scala) col suo staff

 

TEO MUSSO
fondatore di Baladin

La birra artigianale in Italia continua a confermarsi molto viva. Lo dimostrano le oltre 2.000 birre presentate al concorso Birra dell’Anno a Beer & Food Attraction. Gli anni che stiamo vivendo stanno indirizzando i produttori a porsi la questione di quanto vogliano e possano sviluppare la propria azienda. Per immaginare una presenza nazionale e ancor di più se si vuole affrontare i mercati esteri, occorre creare una struttura e di conseguenza, prevedere costi di gestione più gravosi. Credo che sempre di più si vedrà la volontà di tanti artigiani di proporsi su un territorio di prossimità più facilmente gestibile e spendibile anche a livello di comunicazione. Chiaramente non è una visione assoluta e ci sarà chi affronterà un mercato più ampio, magari specializzandosi in canali distributivi specifici (c’è chi, di fatto, vende prevalentemente in GDO) o investendo per proporsi attivamente anche all’estero, ma non sarà un mestiere per tutti, questo è chiaro.

Dal punto di vista produttivo, quali le tendenze che possiamo individuare?

L’offerta è sempre più articolata e ampia e le competenze sempre più elevate. Lo dimostra il recente avvicinamento, da parte degli artigiani, alle birre analcoliche. Il nostro è un mercato che non si ferma e che è caratterizzato dalla grande varietà stilistica. Gli italiani sono stati indicati come i birrai che hanno saputo utilizzare maggiormente la fantasia nel proporsi sul mercato. Non dobbiamo perdere questo primato. Io credo fortemente nella materia prima e pertanto vedo un futuro in cui, pur rispettando la possibilità di utilizzare liberamente materie prime straniere, la prevalenza in ricetta di ingredienti italiani sarà essenziale per esaltare il vero made in Italy.

Tra le ultime novità di Baladin, c’è un’analcolica. Da tempo si parla di un potenziale delle birre analcoliche che però non mostra ancora particolari evidenze. Quale il tuo parere in proposito?

È indiscusso che se i grandi players stanno investendo molto su questo trend, occorre porvi attenzione per offrire a chi ama le birre artigianali una proposta alternativa e in linea con le aspettative. A Rimini ci siamo confrontati con colleghi esteri dove questo tipo di birra sta riscuotendo un successo concreto (pare che in Spagna rappresenti il 15% dell’intero mercato birra). È indubbio che le nuove generazioni siano attente a valutare proposte a basso contenuto alcolico e, aggiungerei, calorico. La nostra sfida è di pensare a prodotti naturali e che abbiano profili aromatici interessanti. Non è facile, ma non è impossibile.

Teo Musso