Quando si varca la soglia del birrificio Timmermans, a Itterbeek appena qualche chilometro a ovest di Bruxelles, è come varcare una soglia spazio-temporale. Il birrificio, operativo dal 1702, è il più antico produttore esistente di lambic, la celebre e ancestrale birra ottenuta esclusivamente da queste parti, il Pajottenland, con il metodo della fermentazione spontanea. Durante la visita si ha la possibilità di ammirare il vecchio mulino che serve per frantumare il malto, l’immensa vasca aperta dove il mosto caldo viene sversato nei mesi dedicati alla produzione di questa specialità, solo quelli più freddi, per essere “aggredito” da lieviti autoctoni e liberi nell’aria e, una volta scesi nelle cantine, le lunghe file di botti dove si svolge la fermentazione, prima vigorosa poi più tranquilla a mano a mano che gli zuccheri sono consumati dai suddetti lieviti. È un processo antichissimo e sempre suggestivo, rafforzato dai profumi caldi di malto e freschi di cantina.
Avventura di successo
Nel 1993 Timmermans è entrato a far parte del gruppo John Martin, una società fondata agli inizi del secolo scorso da un brillante inglese emigrato in Belgio e da subito dedicatosi all’importazione delle birre d’Albione in un terra che, di birre, ne faceva a profusione. Quella che sembrava un’impresa paragonabile a vendere ghiaccio agli eschimesi si è risolta in un’avventura di enorme successo con un gruppo che è sempre cresciuto e che ancora continua a crescere sotto la guida del nipote di John, l’attuale presidente Anthony Martin.
Lancio del prodotto
Noi lo incontriamo proprio sotto il basso soffitto della sala che accoglie il pub del birrificio, accompagnati da Giancarlo Trizzullo, italiano con leggero accento belga che guida da anni la filiale italiana del gruppo, e che ci ha voluto per una serata davvero speciale. Già perché, oltre alla sempre apprezzata opportunità di rimettere piede in Timmermans, l’occasione che vede radunata la stampa internazionale è quella del lancio di un prodotto che non è semplicemente una nuova birra, quanto la celebrazione di un rapporto commerciale che ha superato il secolo di vita. Diventando, ci sentiamo di dirlo, qualcosa di più di un rapporto d’affari.
“Lambic&Stout”
Nella sala la protagonista è una bottiglia dall’etichetta elegante, declinata nei colori del rosso e del nero, con l’insolita dicitura “Lambic&Stout – proud collaboration Guinness e Timmermans”. Non ci era mai capitato di vedere una birra frutto della collaborazione tra due birrifici così storici e così noti e i blend di stout e lambic sono talmente rari che sono paragonabili all’apparizione di un unicorno. Anthony Martin confessa con semplicità che l’idea gli è venuta “a Rimini in fiera, blendando un bicchiere di Guinness che stavo bevendo con un po’ della nostra Oude Kriek. Il risultato mi è piaciuto molto, le note tostate della stout s’incontravano alla perfezione con quelle della nostra classica birra a fermentazione spontanea e macerazione di ciliegie aggiunte e quel piacere volevo poterlo riprovare. Il progetto è nato così”.
Ma, ovviamente, è stato poi affidato alla grande esperienza del brewmaster di Timmermans, quel Willem Van Herreweghen che rappresenta una firma storica e prestigiosa nel campo delle fermentazioni spontanee. Van Herreweghen ha collaborato con Peter J. Simpson, l’head brewer di The Guinness Open Gate Brewery ovvero il responsabile delle nuove produzioni del birrificio di Dublino, e dal loro lavoro è infine nata Lambic&Stout, una birra da 6% vol. figlia dell’incontro tra non due ma tre birre differenti: la Guinness Special Export, la Timmermans Oude Kriek e la West Indies Porter di Guinness. Il “matrimonio” ha prodotto un risultato eccellente, garantito anche dalla fondamentale morbidezza della porter che ha in qualche modo collegato l’acidità fruttata della Oude Kriek alle note più “calde” di caffè e cioccolato, supportate dalla buona alcolicità, della Special Export.
Lontana origine
Ed è proprio la Special Export, da un certo punto di vista, la lontana origine dell’attuale collaborazione. Questa birra infatti è nata nel 1944 proprio su iniziativa di John Martin stesso il quale, dopo essere diventato il primo importatore della stout di Dublino nel 1913, in quell’anno richiese una versione più robusta e intensa per il palato belga. La novità fu un tale successo che la Special Export è diventata una “regular” del birrificio irlandese, in molti casi addirittura preferita alla classica versione dry stout.
Prodotto unico
Un’amicizia così solida e duratura insomma non poteva non essere festeggiata con una birra inconsueta e affascinante come Lambic&Stout. «Non sono molto sicuro che avremo l’opportunità di rifarla in futuro – ha spiegato Anthony Martin – e la tiratura è davvero molto limitata: circa duemila bottiglie da 0,75 e un po’ di fusti per i nostri migliori clienti è tutto quello che abbiamo. Ma l’Italia è uno dei nostri migliori mercati all’estero e la “fetta” che raggiungerà il vostro Paese non sarà poi così irrilevante». Bene, ma nel momento in cui la notizia invadeva i “social” in tempo reale, Trizzullo doveva già fronteggiare le prime richieste e prenotazioni. Il che fa supporre che, a meno che Guinness e Timmermans non ci ripensino, del Lambic&Stout se ne perderanno presto le tracce.
Resta comunque il significato dell’impresa, la sua “primogenitura”, le collaboration sono solitamente terreno di gioco per birrifici più piccoli e più giovani, e la qualità intrinseca del prodotto che merita decisamente di essere testato da publican e consumatori.
Ultima notizia
E mentre, a fine serata, ci accomiatiamo un po’ riluttanti dall’atmosfera del birrificio Timmermans, Anthony Martin fa in tempo a comunicare un’ultima notizia di rilievo: «Il gruppo John Martin ha finalizzato l’acquisto della sede, ossia dei muri, del birrificio Timmermans un paio di mesi fa». È una notizia che mette al riparo questo pezzo di storia birraria belga da qualsiasi ipotesi di spostamento o trasloco ed è un bel respiro di sollievo probabilmente per il gruppo. Sicuramente lo è per chi ama la birra.