Il Made in Italy della media e piccola industria birraria italiana è un’arma vincente nell’export. La distintività deve però fare i conti con la contemporaneità. Così come con l’attenzione per l’ambiente. Ce ne parlano Birra Castello, Theresianer e Amarcord
di Giuliana Valcavi
Tra grandi multinazionali da un lato e centinaia di microbirrifici artigianali dall’altro, le medie e le piccole aziende italiane trovano il loro spazio. Se lo ritagliano con un prodotto di qualità, che abbina alla tradizione l’innovazione, legata soprattutto alla sostenibilità, e l’italianità. Ma questo non fa dimenticare un futuro di restyling e ammodernamento tecnologico.
Ingredienti italiani
«Nel mercato birrario nazionale, il nostro gruppo – indica Eliano Verardo, amministratore delegato e presidente di Birra Castello – rappresenta il primo produttore di birra a capitale totalmente italiano con oltre 1,3 milioni di ettolitri venduti nell’anno e, cosa ancora più importante, i nostri prodotti vengono realizzati con ingredienti 100% italiani. Si tratta di risultati che con orgoglio continuiamo a mantenere grazie agli importanti investimenti in innovazione tecnologica e ricerca, sia in termini di impianti di produzione che di prodotto grazie alla continua sperimentazione di ingredienti e ricette». Birra Castello è oggi presente sul mercato con i marchi Castello, Pedavena, Superior, Birra Dolomiti e Alpen. «Ogni marchio e prodotto ha i suoi canali distributivi, i suoi target e un suo gusto specifico, ma tutti hanno un unico denominatore comune: il territorio, del quale sono espressione e che si riflette nel loro gusto – continua Verardo. – È questo che rende le nostre birre in grado di rispondere alle esigenze di una clientela attenta, ma molto varia e trasversale». Quali le prospettive nel prossimo futuro della produzione del gruppo Birra Castello? «Negli ultimi anni l’azienda – ha risposto l’amministratore delegato – ha intrapreso un importante percorso sul fronte della sostenibilità. Lo conferma il fatto che abbiamo investito per efficientare gli stabilimenti produttivi e rendere sempre più sostenibili i nostri prodotti. Si tratta di interventi strutturali, non finalizzati a contrastare il caro energia nell’immediato, ma per ridurre sempre più
Foto: Eliano Verardo
l’impatto della produzione sull’ambiente e sul territorio in un’ottica di economica circolare. Rientrano in questa visione anche delle novità di prodotto e i fusti Leo2, che nascono da materie prime riciclate e a loro volta riciclabili in tutti i loro componenti, introdotti da qualche tempo». «L’innovazione riguarderà e sta già riguardando anche il nostro rapporto con il cliente – conclude Verardo. – Di recente abbiamo lanciato il nostro primo e-shop, nato in collaborazione con la Birreria di Pedavena. Si tratta di un vero e proprio negozio on line dove è possibile comprare gli articoli di punta del birrificio di Pedavena, prime fra tutti le specialità a marchio Birra Dolomiti e Birra Superior, ma anche prodotti food e non solo, di circa 21 marchi diversi, provenienti dalle nostre Dolomiti Bellunesi, nell’ottica di promuovere le eccellenze, la storia, l’identità e la tradizione del nostro territorio. Inoltre, rafforzeremo la nostra partnership con la FIT (Federazione Italiana Tennis), di cui Birra Castello è birra ufficiale dal 2022, per favorire gli aspetti conviviali, promuovere i valori della socialità e dello stare insieme legati sia alla pratica di questo gioco che al mondo della birra».
Nuova immagine
«Theresianer è azienda bandiera della qualità Made In Italy – indica il presidente Martino Zanetti. – È un’azienda che ha saputo equilibrare il meglio del mondo artigianale e industriale, senza mai perdere di vista la qualità che non è solo oggettiva, ma soggettiva, risponde cioè al palato dell’assaggiatore. Quindi grande cura delle materie prime, dei processi produttivi in termini di cottura e tempi e una filosofia mitteleuropea con un pensiero vicino ai grandi produttori tedeschi». Ma, come si inseriscono le birre Theresianer nell’offerta complessiva, che vede da un lato i grandi brand nazionali e internazionali e, dall’altro, i prodotti artigianali oltre alle specialità d’importazione? «Il più grande birrificio artigianale italiano e il più piccolo industriale, Theresianer si pone a metà strada tra le due categorie – continua Martino Zanetti. – E, anche se opera a livello regionale, può ormai contare su una miriade di estimatori, e non soltanto in patria, addirittura in paesi del Nord e del Centro Europa a forte vocazione birraria. Merito soprattutto della perfetta sinergia tra una metodologia artigianale di tradizione austriaca, presente a Trieste già più di due secoli fa, e le più moderne soluzioni tecnologiche. Conferma è il premio appena ricevuto al Brussels Beer Challenge». Tra le novità della gamma Theresianer per il prossimo futuro, la produzione di formati di bottiglia diversi da 0,75 l, un formato considerato dall’azienda ormai obsoleto e di difficile consumo, e il lancio una birra stagionale nel periodo primavera-estate. Ma la grande novità 2023 è il restyling dell’immagine del marchio e di tutto il packaging. Debutta la nuova immagine Theresianer che, mantenendo fede alla propria storica tradizione, si modernizza e prende una rotta contemporanea del tutto nuova. Con una notevole stilizzazione, il faro Theresianer rimane elemento unico e distintivo, nel logo e nel corpo delle label, accompagnato dalla semplificazione della palette cromatica, ora improntata sui colori pastello, da un nuovo font e da un payoff del logo rafforzativo di italianità. La nuova immagine Theresianer coinvolge tutte le referenze in formato bottiglia e fusto (IPA, le birre non filtrate Premium Pils e WIT, Premium Lager, Strong Ale, Pale Ale, Bock, Vienna, Senza Glutine oltre al distillato Bierbrand) in un inedito e originale linguaggio grafico che attualizza e contraddistingue la birra italiana nata a Trieste nel 1766.
Foto: Martino Zanetti
Bassa impronta ecologica
«Birra Amarcord – spiega il CEO Andrea Bagli – è stata pioniere tra i piccoli birrifici italiani e con investimenti, sacrifici, passione e pazienza in 26 anni è diventata ‘grande tra i piccoli’. Con posizionamento, identità e riconoscibilità del nostro marchio, le nostre birre vengono scelte perché sinonimo di elevati standard qualitativi, una sempre più bassa impronta ecologica e perché siamo sempre al passo con controlli e certificazioni. In poche parole: qualità, sostenibilità, italianità e coerenza, valori che da parte dell’Horeca e del consumatore finale sono sempre più richiesti». Quali le prospettive della gamma Amarcord sul mercato nazionale e internazionale prossimamente? «Nel 2022 ci siamo messi all’ascolto dei nostri clienti e partner e abbiamo progettato per il 2023 un’estensione della gamma in fusto, sia per le Classiche, che per la linea più luppolata Bad Brewer – continua Andrea Bagli. – Abbiamo deciso di implementare le gamme per il mondo Horeca puntando su queste due linee complete e con identità diverse, ben distinte tra loro, che intercettano tipologie di locali differenti, sia in Italia che all’estero. Questa estensione sarà un arricchimento della proposta che pensiamo rafforzerà l’identità, il posizionamento, la rilevanza e la reputazione di entrambi i marchi e aiuterà moltissimo i nostri clienti a fidelizzare e coccolare i consumatori. Sta inoltre riscontrando favori sia in Italia che all’estero la nostra nuova nata, la 100% Italiana, una birra fortemente voluta e che ci riempie di orgoglio poiché celebrazione dell’amore per la nostra terra e del nostro impegno verso l’italianità, riappropriando-ci dell’origine agricola della birra, che nasce nel campo coltivato e si trasforma fino a riempire i nostri bicchieri.
Un progetto di filiera italiana, che unisce il malto d’orzo da agri-coltura sostenibile del Sud Italia ed il luppolo coltivato in Romagna (di cui ben il 35% è in fiore), grazie all’azione sapiente dell’acqua pura di fonte appenninica».
Foto: Andrea Bagli