Poi veniva la brutta stagione. Alla fine dell’autunno, in un solo giorno, cambiava il tempo. Di notte dovevamo chiudere le finestre perché non entrasse la pioggia e il vento freddo strappava le foglie dagli alberi di Place de la Contrascarpe”. Animato dalle prime righe di Festa Mobile, una serie di acquerelli di parole più che un vero e proprio romanzo di Ernest Hemingway, mi trovavo a Parigi proprio in Place de la Contrascarpe, seduto a un tavolino di un pub con una pinta di Guinness in mano. E pioveva. L’unica differenza, poco percepibile in realtà, era che si trattava dell’inizio di primavera, non della fine dell’autunno. Poco male comunque perché il mio ultimo giro a Parigi doveva a tutti i costi coincidere con le orme lasciate dal grande scrittore americano in città e Festa Mobile era diventata quindi una sorta di guida gastronomica sui generis ai bar e ai caffè sulla Rive Gauche, tra Boulevard St. Germain e, appunto, Place de la Contrascarpe.
Prima edizione
La scusa mi era stata offerta dalla prima edizione del France Bière Challenge, uno dei sempre più numerosi concorsi birrari ai quali mi capita di essere invitato ma, aggiungendoci qualche giorno, l’idea era quella di battere a tappeto i luoghi hemingwayani letti e riletti più volte nel corso degli ultimi anni. Ergo, Place de la Contrascarpe, dove lui ha vissuto e lavorato, in una stanza nella stessa casa dove era morto il poeta Verlaine, andava benissimo per iniziare.
Al Les Deux Magots, invece, avevo potuto respirare qualche ultimo scampolo dell’atmosfera vissuta negli Anni Venta e Trenta del secolo scorso da Picasso, Prévert, Sartre, Man Ray oltre ovviamente allo stesso Hemingway che qui bevve uno sherry secco con James Joyce. Io optai per un Croque Madame con una Kronenbourg fresca, quanto bastava come viatico per attraversare la strada e provare a trovare un tavolo alla celebre Brasserie Lipp che Hemingway descrisse nel capitolo “La fame era un’ottima disciplina”. Le sue parole, usate con semplicità per raccontare un semplice pranzo a base di cervelas, patate all’olio e “distingué”, boccali da un litro di birra, mi si erano inchiodate nella mente da anni. Alla Brasserie Lipp nella mente mi si inchiodò invece il conto, con una Stella Artois media da 14 euro, un prezzo giustificabile solo se avessi anche incontrato Hemingway in persona e si fosse degnato di darmi due dritte, a gratis, su come migliorare la mia scrittura.
Attenzione alle sorprese…
Il trauma comunque mi è servito. Pagando il cameriere mi sono reso conto che “la Parigi dei bei tempi andati, quando eravamo molto poveri e molto felici”, così si conclude Festa Mobile, era seriamente bella che andata, io ero decisamente più povero e non ero per niente felice. Il che mi ha fatto proseguire il tour hemingwayano con, come dire, meno poesia e più prosa. Certo, alla Closerie des Lilas mi sono emozionato, ma La Rotonde e il The Dôme ho deciso che mi bastava osservarli da fuori e, rimesso in valigia il libro, ho pensato di aprire gli occhi sulla realtà brassicola attuale.
E Parigi mi ha stupito non poco. I miei ricordi erano fermi alle birre più note e diffuse, Kronenbourg e Pelforth, ma in pochi anni la capitale francese sembra essersi svegliata con un numero decisamente interessante di locali specializzati e piccole produzioni tra le quali si trovano ottime birre. Certo, il primo incontro con le birre La Parisienne non è stato esattamente indimenticabile, il fascino francese è finito non appena ho iniziato a versare la birra nel bicchiere, ma la scoperta della taproom della Brasserie de la Goutte d’Or, nel XVIII Arrondissement, è stata assolutamente soddisfacente. Aperta appena da qualche mese e ricavata all’interno del birrificio stesso, pure lui giovane come età, presenta una gamma molto interessante e capace di mettere in mostra pulizia e facilità di approccio, sulle ricette più classiche, quanto fantasia e originalità in quelle più “alternative”. Così se la Myrha è una pale ale onesta ben profumata di luppoli americani Cascade e Citra senza esagerazioni stancanti e la Ernestine una Ipa dalle note di frutta tropicale ben pronunciate, ma dal corpo abbastanza asciutto da renderla bevibile oltre la pinta d’assaggio, La Chapelle è una witbier che ha preso una strada originalissima con l’impiego del chai, il tè speziato indiano con cardamomo, zenzero, pepe e cannella. Detta così potrebbe pure sembrare una specie di “minestrone” ma in realtà è una birra che lascia decisamente il segno. Come lo lascia L’Assomoir, una Imperial Stout da 9,7% vol profumata allo zenzero, caffè e cioccolato. Imponente e sontuosa, un perfetto saluto finale al termine della serata. La piccola ma promettente Brasserie de la Goutte d’Or è comunque in buona compagnia.
Bastano quindici minuti a piedi e si arriva a Le Supercoin, un locale che si autodefinisce “Bistrot Pop Rock Garage” e che non ha una selezione monstre di birre. Tuttavia quelle che serve sono locali e ottimamente lavorate a dimostrazione, se servisse, che non è sempre necessario avere una batteria da venti spine per essere una eccellente tappa nel pellegrinaggio birrario di un appassionato. A volte non serve averne neppure una, come ad esempio insegna La Ruée Vers l’Orge, un locale affascinante che offre circa duecento etichette rigorosamente in bottiglia con una discreta selezione vintage.
I piccoli produttori crescono
Se la capitale francese offre quindi sempre più ottimi locali con una maggiore offerta di birre nazionali, ci sono altri piccoli produttori che stanno facendo parlare di loro negli ultimi anni. Ad esempio Paname Brewing Company, a dispetto del nome anglosassone, si affaccia sul Bassin de la Villette, uno specchio d’acqua che sembra non avere niente a che fare con la Senna. Il brewpub lavora bene su quelle che sono le birre del momento ovvero India Pale Ale e “affini”. Da non perdere su tutte la Bête Noire Black Ipa, corretta e senza sbavature, e la Barge du Canal, Ipa con Magnum, Columbus, Cascade, Nugget e Citra.
Tuttavia il segnale più forte che la birra stia crescendo in città lo danno i Frog Pubs: una catena di ben undici locali parigini, ai quali si devono aggiungere quello di Bordeaux e quello di Tolosa. Numeri importanti, birra autoprodotta, atmosfere e arredamenti differenti, ma livello qualitativo buono, sebbene senza eccessi stupefacenti, e pub food di qualità a prezzi convenienti. Cosa che mi ha fatto riprendere un ritmo cardiaco accettabile dopo il quasi collasso alla Brasserie Lipp.
I locali Frog, sparpagliati un po’ dovunque, rappresentano delle isole sicure dove approdare tra un museo e un monumento. Sicuramente confortanti per chi decide di camminare per Parigi e non calcola esattamente i chilometri da percorrere.
Hemingway docet
A Parigi dunque, ville lumière a tutto champagne, vini e cocktail, la birra scorre con forza sempre maggiore e le scelte si fanno sempre più ampie e interessanti. Se ne sono accorti anche i cugini belgi che sul mercato francese si sono sempre mossi bene e con facilità.
Pochi giorni prima della mia visita, in zona Pigalle, ha aperto il suo locale il Brussels Beer Project, giovane realtà emergente già nota anche in Italia. Si bevono ovviamente le loro produzioni, comprese alcune collaborazioni con altri birrifici, ma soprattutto si certifica la sensazione provata nei pochi giorni di visita ed esplorazione della Parigi birraria. Iniziata sulle orme di Ernest Hemingway e proseguita su quelle semmai di Michael Jackson, il primo e ineguagliabile beer hunter della storia.
Con la consapevolezza che, se il vecchio “Hem” tornasse in vita, oggi forse lo potremmo trovare alla Goutte d’Or, ma di sicuro non alla Brasserie Lipp. Certo, sto parlando dell’Hemingway giovane, quello “molto povero e molto felice”.
La prima edizione del France Bière Challenge
La prima edizione del France Bière Challenge è andata in porto con numeri più che soddisfacenti per gli organizzatori: la società belga Becomev, che già organizza il più consolidato Brussels Beer Challenge e il Dutch Beer Challenge, insieme a due esperti francesi come Elisabeth Pierre e Hervé Loux. Una mezza giornata di assaggi hanno visto cinquanta giudici di diversi Paesi provare 420 birre tutte prodotte su suolo francese da piccoli e grandi birrifici. Al di là dei risultati, il Challenge ha messo in luce un rilevante fermento birrario in una nazione, qual è quella transalpina, che si è mossa in ritardo rispetto ad altri Paesi sul fronte della moltiplicazione degli impianti produttivi. Ora si sta recuperando terreno con diverse produzioni di grande spessore e qualità.
Le tappe da non perdere
• Frog Hop House
10, Rue des Capucines
frogpubs.com
• Brussels Beer Project // Pigalle
1, Rue de Bruxelles
• Brasserie de la Goutte d’Or
28, Rue de la Goutte d’Or
brasserielagouttedor.com
• Paname Brewing Company
41 bis, Quai de la Loire
panamebrewingcompany.com
• Le Supercoin
3, Rue Baudelique
supercoin.net
• La Ruée Vers l’Orge
6, Rue des fontaines du Temple