Ad ascoltare la storia dei ragazzi irlandesi che hanno fondato il birrificio Rye River Brewing Company nel 2013, nella cittadina di Kilcock contea di Kildare, sembra di rivivere almeno in parte la sceneggiatura della pellicola cult di Alan Parker tratta dal romanzo The Commitments del celebre scrittore, altrettanto irlandese, Roddy Doyle. La storia immortala le vicende di un gruppo di giovani proletari della periferia di Dublino con la passione per la musica soul. Una passione che, tra piccoli drammi e umorismo celtico, li porterà a diventare uno dei gruppi musicali più interessanti sulla scena dublinese. Lo stesso atteggiamento un po’ irriverente e scompaginato si respira in questo birrificio il cui nome tradotto in italiano suona come “fiume di segale” e che, nelle etichette, riporta con una certa baldanza la dicitura “never established”, ossia mai stato fondato. Se si mette tuttavia sotto la lente d’ingrandimento il birrificio si scopre che atteggiamento scanzonato e ironico nascondono in realtà delle professionalità di tutto rispetto e una competenza tecnica che, non per caso, li ha portati a vincere innumerevoli premi e riconoscimenti internazionali in quella che è una ancor pur giovane avventura.
Ottima bevibilità
Le loro birre, battezzate McGargles come il cognome della fittizia famiglia irlandese che si sono inventati di sana pianta, sono entrate nell’orbita di Dibevit Import da qualche anno. Una scommessa decisamente vinta questa dell’azienda leader nel settore delle importazioni di birre speciali perché, a fronte di un brand non così riconosciuto a livello internazionale, la qualità intrinseca delle birre ha pagato. E, in effetti, le birre che escono dalla sede del birrificio, che nel frattempo si è spostata da Kilcock a Celbridge simultaneamente ingrandendosi, sono tutte caratterizzate e facili. I due termini vanno spiegati per non creare fraintendimenti: per caratterizzate intendiamo birre che rivelano una personalità chiara, sia essa dettata dal luppolo, dai malti o dalle eventuali spezie; la facilità indica invece il bilanciamento e l’armonia che si sostanziano nella bevibilità o, come direbbero loro, nella drinkability.
Sono elementi che si ritrovano in quella che è la Francis Big Bangin’ Ipa, una birra distribuita in Italia in fusto e su prenotazione nel mese di dicembre, ovvero una India Pale Ale moderna quindi ispirata alle West Coast Ipa ideate per la prima volta in California ma con un tocco tradizionale british. Se, infatti, la luppolatura, inclusa quella in dry hopping, prevede un trittico di varietà da aroma molto amati dal pubblico (Simcoe, Columbus, Mosaic), il malto è il rinomato Maltis Otter che regala una bella “spina dorsale” a una birra da 7,1% vol. E possedere una bella spina dorsale, ovvero un corpo dove il caramello dato dal malto si fa sentire, è necessario per sostenere l’impatto aromatico di luppoli così caratterizzanti e assicurare, al tempo stesso, quella bevibilità alla quale accennavamo qualche riga sopra. Insomma, per fare una Ipa si potrebbe pensare che basti usare tanto luppolo, ma per fare una buona Ipa questo non basta e, non solo si deve saper scegliere il luppolo o il bouquet di luppoli giusto, ma anche creare quella struttura necessaria.
In poche parole: la Big Bangin’ Ipa della famiglia McGargles è una di quelle Ipa che sa stupirti con il suo aroma come la maggior parte delle Ipa, ma si lascia bere con soddisfazione fino in fondo alla pinta. E su questo aspetto, di Ipa così non ce ne sono poi davvero tante in giro.