Dati IRI 2020. Alla birra non si rinuncia.

Le chiusure forzate dell’Horeca hanno inevitabilmente ridotto il consumo di birra e spostato le vendite nella moderna distribuzione, che ha registrato un record di vendite. Crescite a due cifre a volume per le specialità e le analcoliche/light

di Giuliana Valcavi

Nel 2020, per la prima volta, le vendite di birra nella moderna distribuzione hanno superato i 2 miliardi di euro. I dati IRI indicano che i risultati di fatturato (+10,7%), influenzati dalla diminuzione dell’attività promozionale, sono migliori rispetto al trend dei volumi, che resta comunque estremamente positivo (+9%).

Ovviamente, il fenomeno è da attribuire principalmente alla chiusura dell’Horeca, su cui sono stati dirottati gli acquisti. Tanto è vero che comunque il calo delle vendite in termini assoluti c’è stato con un -6,5% che ha arrestato il percorso virtuoso in termini di volumi degli anni precedenti (tab. 1). Pur non minimizzando l’impatto sui consumi e la canalizzazione verificatasi (tab.2), non possiamo fare a meno di sottolineare il segno positivo che rivela l’affezione del consumatore italiano per il prodotto. Chiusi nelle proprie case durante i ripetuti lockdown gli italiani non hanno voluto rinunciare alla birra, imprimendo al comparto una corsa a due cifre nei punti vendita della GDO.

Dati IRI 2020.

Spazio alle specialità

L’85% dei volumi è concentrato nelle Blonde sotto i 6 gradi, che hanno registrato un calo del 6,3%, mentre altre categorie di prodotto hanno perso ulteriormente, come le Blanche/Weiss (-12,7%) o addirittura le Stout e le scure con il loro -22,2%. Perdite contenute per le birre d’Abbazia e Trappiste (-2,7%), mentre il trend è stato positivo per le Radler (+3,4%) e per le Analcoliche (+7,6%). A valore la situazione è leggermente diversa. La quota delle Blonde sotto i 6 gradi scende al 78,3% e quella delle specialità sale dal 13% al 19%.

Ne hanno tratto giovamento, è vero, soprattutto le grandi aziende, ma non solo. Sempre più frequentemente nelle strutture della moderna distribuzione troviamo realtà produttive di medie e piccole dimensioni, così come prodotti d’importazione e specialità. Qualche artigianale ha già fatto il passo e probabilmente la diversificazione sia in termini di prodotti di microbirrifici sia di specialità d’importazione potrebbe essere uno dei prossimi fenomeni che caratterizzerà i reparti dedicati alla birra nei supermercati italiani. Basti dire che nelle strutture della moderna distribuzione le birre d’Abbazia e Trappiste, pur essendo una nicchia, hanno segnato un +31,2% a volume (tab.3-4).

Tra le specialità birrarie, un occhio di riguardo oltre alle analcoliche lo meritano le gluten free e le biologiche, che sono ancora delle nicchie di mercato, ma che rivelano elevate potenzialità di crescita. Dai dati IRI emerge che le biologiche hanno in particolare nel corso del 2020 registrato un decremento, mentre le gluten free, che peraltro coprono una richiesta molto più ampia, hanno mantenuto il trend ascendente (tab.5).

 

1 – VENDITE A VOLUME IN ITALIA

 

 

2 – CANALIZZAZIONE DELLE VENDITE DELLA BIRRA NEL 2020

 

 

 

3 – VENDITE A VOLUME

 

 

4 – QUOTA A VOLUME 2020

Davanti allo scaffale

In casa o fuori casa, la birra si conferma sinonimo di convivialità. Infatti, più di 8 italiani su 10 non hanno dubbi secondo AssoBirra: la birra è adatta a qualsiasi occasione (86%) e favorisce la socializzazione (86%). Il gusto rimane il principale driver di scelta (38%) in particolare per la metà dei giovani dai 25 ai 34 anni (48%), seguito dal legame della birra con la tradizione (22%) e dalla connessione che ha con il territorio (16%).

Di fronte allo scaffale, la birra viene scelta soprattutto in base al colore (55%), alla provenienza (47%), alle caratteristiche (37%) e allo stile (30%).

Davanti allo schermo   

È cresciuto il numero di italiani che acquista birra online (19%) e, di questi, 1 su 4 dichiara di aver iniziato a utilizzare il canale e-commerce proprio durante il primo lockdown. Tra i vantaggi dell’acquisto in rete, la possibilità di informarsi più approfonditamente (69%) e di lasciarsi ispirare da più varietà di birra presenti nelle vetrine virtuali (43%).

 

5 – GLUTEN FREE

Come cambia la moderna distribuzione

Diverso andamento anche a seconda della tipologia di punto vendita: il discount sta crescendo a tassi quasi doppi rispetto agli altri canali.

Nei comparti dedicati alla birra nei punti vendita della moderna distribuzione IRI ha rilevato per il 2020, in linea con l’intero comparto del largo consumo confezionato, l’azzeramento dell’innovazione. Inoltre, come accennato, le difficoltà logistiche dovute al lockdown hanno causato un calo promozionale. Contemporaneamente anche la profondità di sconto e l’efficacia delle promozioni sono calate notevolmente e molte attività all’interno dei punti di vendita, come doppie esposizioni e/o teatralizzazioni che avevano caratterizzato le scorse stagioni, non sono state previste durante il 2020.

«La comunicazione con gli strumenti canonici, ma anche attraverso lo sfruttamento delle piattaforme digitali sempre più popolari – ha sottolineato Mario Carbone, account director IRI – continua ad avere un ruolo centrale: raggiungere il consumatore con appropriati messaggi è un elemento essenziale e determinante per affermare valori e distintività delle marche. La differenziazione dei mezzi di comunicazione utilizzati diventa quindi fondamentale per la variabilità dell’offerta ed il raggiungimento di target molto diversi tra loro».

Le sofferenze dell’Horeca

Molto diversa la situazione, come abbiamo anticipato, nel fuori casa, canale in assoluto tra i più penalizzati dalla crisi pandemica. La chiusura dell’Horeca ha generato serie difficoltà in particolare per la birra artigianale. «L’Italia è uno dei pochissimi Paesi che già dal 2016 ha definito per legge cosa si intenda per ‘birra artigianale’ – ha dichiarato Vittorio Ferraris, presidente di Unionbirrai.  Uno dei principali elementi di quella normativa è rappresentato dal totale divieto per i produttori di birra artigianale di utilizzare procedimenti di stabilizzazione industriali quali microfiltrazione e pastorizzazione.  Il nostro è un prodotto ‘vivo’ che richiede attenzione e cura lungo tutta la catena distributiva. Per queste ragioni il nostro mercato è quasi totalmente costituito dal canale Horeca e ovviamente la prolungata chiusura di pub, bar e ristoranti ha tolto moltissimi sbocchi commerciali alle nostre attività».

Le vendite di birra, categoria che sviluppa il 37% del fatturato e che è considerata la più rilevante presso i grossisti specializzati, chiudono il 2020 con un -35,4% in termini di volumi e un -35,8% in termini di ricavi (fonte IRI).

Differente la dinamica dei cash&carry, che presumibilmente si riposizionano cambiando l’offerta, diversificandola dall’Horeca, in modo da allargare la propria clientela. La birra in questo canale rimane stabile a volume (-0,1%), ma perde in fatturato (-2,3%). Il calo del prezzo medio, a fronte di una pressione promozionale in contrazione, è dovuto al differente mix: cresce la fascia mainstream a discapito delle marche premium. Inoltre, aumenta la quota del vetro nel formato da 66 cl e cala quella del formato da 33 cl.

DALLA PARTE DEI DISTRIBUTORI

A dispetto dell’amore degli italiani per la birra, l’intera filiera ha subito e sta subendo un contraccolpo pesantissimo a causa della crisi sanitaria da Covid-19, mettendo seriamente a rischio gli oltre 5,7 miliardi di euro di valore condiviso generato dalla birra e che sono da ricondursi all’Horeca su un totale di 8 miliardi di euro al 2018. Sul piatto anche 144.000 posti di lavoro da proteggere. Ma non c’è solo l’Horeca a soffrire, lo fa anche l’intera rete distributiva. “L’allentamento delle misure imposte dall’emergenza Covid-19 in estate sembrava aver regalato una boccata d’ossigeno al settore, ma non è stato così per tutti. I distributori, ad esempio, hanno continuato ad accumulare perdite nelle grandi città – ha affermato Dino Di Marino, direttore generale di Italgrob, dalle pagine del Centro Informazione Birra. «La birra gioca un ruolo vitale perché per i distributori del beverage vale circa il 40% del fatturato».