Report Unionbirrai 2022: più artigianali, ma non per tutti

Crescono i birrifici, crescono i consumi, ma il prezzo e la distribuzione si confermano un limite. Tra le opportunità, il legame con il territorio e il turismo brassicolo

Foto in copertina: Vittorio Ferraris, direttore generale Unionbirrai

Nonostante le numerose difficoltà dettate dai rincari energetici e delle materie prime, il comparto della birra artigianale nel nostro Paese appare in buona salute. Crescono non solo i birrifici, ma anche i consumi. Unionbirrai indica una crescita del numero dei birrifici dal 2015 (erano 649) del 104%, riportando che, secondo il Registro delle Imprese CCIAA, nel 2022 le realtà che producono birra in Italia hanno raggiunto le 1.326 unità. Ovviamente, a questo numero dobbiamo sottrarre i birrifici industriali, una quindicina, un numero invariato da anni, che quindi fa supporre che l’incremento evidenziato sia completamente a carico del comparto delle piccole realtà produttive. È quanto evidenziato nel Report 2022 ‘Birra artigianale, filiera e mercati’ di Unionbirrai, associazione di categoria dei piccoli birrifici indipendenti, realizzato a cura di OBIArt, Laboratorio del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali dell’Università degli Studi di Firenze dedicato allo studio del settore brassicolo artigianale italiano, presentato a Firenze a fine giugno da Silvio Menghini, coordinatore scientifico dell’Osservatorio. Se a livello geografico i birrifici risultano ormai essere diffusi in tutto il Paese, con un numero più elevato delle imprese nel Nord Italia, è nel Centro Sud che si registrano gli incrementi più consistenti. Un altro dato significativo riguarda la crescita dei birrifici agricoli, passato dai 79 del 2015 ai 290, arrivando a rappresentare il 22% di tutti i birrifici nazionali e ad occupare oltre 1.000 addetti.

«Sempre maggiore attenzione alle materie prime, innovazione tecnologica, marketing intelligente e capacità di intercettare i gusti dei consumatori sono i principali motivi per cui il comparto della birra artigianale cresce tra le preferenze dei consumatori italiani di birra – sottolinea Vittorio Ferraris, direttore generale Unionbirrai. – La crisi portata dalla pandemia ha creato grandi allarmi non solo a causa delle restrizioni imposte dalle iniziative governative anticontagio che ha visto chiudere i canali commerciali tradizionali, ma anche per il successivo aumento dei costi di materie prime ed utility provocate dalla fine della pandemia e dall’inizio di gravi turbolenze geopolitiche, tuttora in corso per altro. Tutti fattori che, come è evidente, gravano in modo molto più pesante sulle piccole e medie imprese che costituiscono il tessuto produttivo della birra artigianale italiana, rendendo sempre più complicata e impari la concorrenza con le grandi multinazionali. Eppure, la reazione dei nostri produttori è stata decisa e risoluta, si è combattuto per rimanere sul mercato aumentando la dose di creatività e innovazione, per trovare soluzioni alle difficoltà e continuare a essere una presenza forte nei consumi degli italiani. Dopo praticamente un anno dalla fine delle restrizioni il comparto è tornato ai livelli precedenti, addirittura superandoli. Questa reazione, straordinariamente flessibile e determinata, è quella che mi consente di essere orgoglioso del nostro passato e di guardare con fiducia ai prossimi anni».

Consumi tra artigianale e industriale

Sotto il profilo dei consumi, un’indagine di mercato su 1700 contatti indica che 4 consumatori su 10 bevono abitualmente birra, il 12% solo birra industriale e il 29% birra industriale e artigianale. «C’è ancora molto lavoro da fare per migliorare il settore e per diffondere il consumo della birra artigianale – continua Ferraris –. Ma possiamo prendere atto che il settore è in crescita sia per quanto riguarda il numero delle nuove aziende che per quanto riguarda la diffusione della birra artigianale tra i consumatori, anche se dobbiamo e possiamo sicuramente fare di meglio nello specifico del comparto GDO, dove il nostro genere di prodotto fa più fatica a essere gestito con le dovute attenzioni alla qualità e alla durabilità». Ricordiamo infatti che, secondo un’indagine diretta condotta presso 130 birrifici artigianali, solo l’1,4% dei birrifici artigianali distribuisce attraverso la GDO, canale in cui peraltro le birre speciali crescono (2021 su 2020) del 13% a valore e del 12% a volume contro una media del comparto rispettivamente del +3,8% e +5,7%. Inoltre, un’azienda su due distribuisce solo a livello locale e solo una su quattro arriva a una diffusione nazionale. Il miglioramento della rete commerciale viene evidenziato proprio come una delle esigenze di rinnovamento più impellenti. Così come una maggiore ‘educazione del consumatore’.

Il consumatore: chi è?

Quarantenne con titolo di studio medio-alto e buona posizione socio-economica: ecco il consumatore medio di birra artigianale. Mentre il consumatore di birra industriale viene indicato dall’indagine con un’età media più elevata (50 anni) e titolo di studio e posizione socio-economica più bassa. I consumatori di birra industriale sono maggiori bevitori (7,3 litri al mese) rispetto ai consumatori di birra industriale (6,2 litri al mese) e spendono il doppio (7,10 euro per litro contro 3,60). Come sceglie una birra un consumatore di artigianali? Stile e materie prime sono in prima posizione, a seguire il prezzo, che invece per il consumatore di industriali appare più importante sempre insieme allo stile. Quali sono i motivi che portano i consumatori di industriali a non acquistare artigianali? La difficile reperibilità e il prezzo elevato, ma anche una piena soddisfazione del prodotto industriale. Le prime due motivazioni valgono anche per un limite al consumo di artigianali da parte dei consumatori di queste birre.

Rischi e opportunità

Secondo l’indagine, oltre che nella produzione e vendita della birra, emerge che le imprese birrarie artigianali stiano articolando la loro occupazione in una variegata serie di attività di accoglienza del cliente: in oltre due terzi dei birrifici, i clienti, oltre che acquistare i prodotti, possono anche visitare gli impianti, nel 46% dei casi è presente una tap room, mentre nel 24,6% l’ospitalità è organizzata nei termini di brew pub e nel 32% con somministrazione di alimenti. Infatti, il turismo della birra si profila come una chiara opportunità. E di conseguenza una territorialità espressa a livello di prodotto.