Il legame tra birra e vita monastica è antico e caratterizza fortemente la produzione belga. Ma ora la tecnologia e la creatività hanno portato alla nascita di concept dalla notevole portata innovativa
di Michela Cimatoribus
I luoghi religiosi hanno da sempre dedicato grande attenzione alla coltivazione di prodotti agricoli e alla produzione di birre, soprattutto nei paesi dove non esisteva una cultura del vino. Un bell’itinerario in chiave “religiosa” ci porta a scoprire nuovi birrifici sorti tra le mura di antiche abbazie e dando nuova vita a chiese sconsacrate. Non mancherà la possibilità di degustare le birre e fare ottimi pasti direttamente in loco.
Esperienza sotto il segno della fenice
Facendo base a Bruxelles, la prima tappa è l’abbazia di Grimbergen, dove nel 2021 è stato inaugurato un nuovo birrificio artigianale, guidato da padre Karel Stautemas, vicario dell’Abbazia e mastro birraio. Il birrificio si innesta su una lunga storia, iniziata ufficialmente nel 1128 con la fondazione dell’abbazia norbertina, che nel corso dei secoli ha sofferto di diversi incendi legati a guerre, anche di religione, rinascendo ogni volta come la fenice che ne è diventato il simbolo, fino alla terza distruzione al tempo della Rivoluzione Francese, alla quale seguì la dismissione dell’allora florida attività di produzione birraria come usuale in tutti i monasteri. È solo nel 1958 che è ripresa la produzione di birra sotto il nome Grimbergen, ma non all’interno delle mura del complesso abbaziale, bensì negli impianti del birrificio AlkenMaes che ancora oggi produce le classiche e ben conosciute birre della fenice. Stupisce quindi poter degustare a Grimbergen stili birrari diversi, prodotti in piccole quantità (il birrificio non supera i 10mila ettolitri all’anno) con un approccio decisamente moderno e per il momento destinato solo al mercato interno. Particolarmente interessante la Ignis Quadruple, la prima birra prodotta come risposta alle birre Trappiste e in ricordo dei numerosi incendi che hanno tanto influenzato la storia dell’abbazia di Grimbergen: presenta un carattere improntato alle note tostate del malto e un corpo ricco e avvolgente, grazie anche ai suoi 10 gradi alcolici. Padre Karel è molto orgoglioso della sua produzione, arrivata a tre etichette, che si possono degustare nel bellissimo Brewery Experience Centre (www.grimbergen.com) con annesso ristorante e pub dalle cui vetrate si gode un’ottima vista sull’impianto produttivo.
Birra, distillati & c.
La seconda tappa ci porta nei pressi della città di Mechelen, a nord di Bruxelles, in un birrificio nato nel 2022 in una chiesa sconsacrata su iniziativa del birrificio Het Anker, attivo da diverse generazioni in un’altra sede e oggi uno dei principali produttori belgi.
Il suo nome è Batteliek (www. batteliek.be), dalla località Battel e il concept è molto innovativo: nell’unica, ampia navata della chiesa hanno trovato posto un microbirrificio, una microdistilleria, una produzione di bibite aromatizzate e un ristobar. L’integrazione tra le varie componenti è totale, la cucina e la parte brassicola sperimentano nuove idee ed è anche possibile creare il proprio gin durante i workshop aperti al pubblico della distilleria.
A gestire questo progetto è il giovane William Leclef, sesta generazione della famiglia. Il packaging delle birre è molto fresco e creativo, esclusivamente in lattina ed esprime molto chiaramente la voglia di sperimentare, senza perdere di vista il legame con la comunità locale, che riceve l’avviso della disponibilità di una nuova birra con una bella scampanata della chiesa. Particolarmente piacevole la Drogedaris, una saison dalle note agrumate molto in evidenza, ottimo abbinamento per una delle molteplici proposte gastronomiche.
Sapore di storia
Restando in tema di abbazie, il tour ci porta poi a est verso Leuven presso l’Abbazia del Parco (Abdij van Park), un complesso monumentale risalente al 1129, la cui attuale configurazione risale al XVIII secolo, immerso in un parco corredato anche da stagni, in passato usati per l’allevamento dei pesci da parte dei monaci. L’abbazia ospitava dai tempi antichi un birrificio, poi chiuso al tempo della Rivoluzione Francese e riaperto nel 2019 con il nome Braxatorium Parcensis (www.braxatoriumparcensis.be). Le ridotte dimensioni dello spazio e i molti vincoli architettonici e artistici dell’edificio limitano la capacità produttiva, che comunque si esprime in ben undici tipologie di birra, tutte prodotte con ingredienti il più possibile locali e con un impianto alimentato esclusivamente da fonti rinnovabili. I nomi delle birre sono legati alla storia dell’abbazia, come ad esempio la Libertus 900, una Grape Ale chiara da 9 gradi alcolici dedicata ai 900 anni dalla fondazione dell’ordine dei Norbertini da parte di san Norberto di Xanten. La ricetta della birra riassume i principali fatti della vita del santo: malto d’orzo belga (qui sorge l’abbazia), mosto di uve francesi (in Francia fondò il suo ordine monastico) e luppolo nobile Saaz in dry hopping (la salma di San Norberto riposa a Praga).
A Leuven consigliamo per una sosta gastronomica a tema birrario Hop Gastrobar (www.hopgastrobar.com), dove lo chef Bram Verbeken serve un unico menu, creativo ma con un tocco di nostalgia per la tradizione, abbinabile con una formidabile selezione di birre, non solo belghe.
Matrimoni col vino
L’ultima tappa arriva nei pressi di Gent, a ovest della capitale, precisamente a Wetteren, dove è nato nel 2019 un birrificio alquanto peculiare, chiamato Heilig Hart Brouwerij (www.heilighartbrowerij.com), dal nome della chiesa, ormai sconsacrata, che lo ospita. Il fondatore del birrificio, Hans Dusselier, distributore di vini naturali e sakè, ha scelto questa location per vari motivi, legati alla disponibilità di ampi spazi per poter lavorare per caduta e non dover utilizzare pompe per trasferire il mosto della birra. Inoltre, producendo birre a fermentazione spontanea, la localizzazione dell’edificio vicino a un fiume e in una zona residenziale, quindi con un’aria non contaminata da fumi industriali, ma anzi ricca di microorganismi utili per la fermentazione. Ultima, ma non meno importante, l’acqua del luogo presenta tutte le caratteristiche ottimali per la produzione di birre, salvo la presenza di ferro, che però viene facilmente eliminato. L’amore per il vino connota fortemente la produzione del birrificio: molte referenze sono Grape Ale a base di mosto d’uva, partendo da materie prime rigorosamente biologiche e in maggior parte autoprodotte o di origine locale, uve comprese. Le birre sono poi fermentate in botti di legno e anfore di terracotta, enfatizzando così la loro mineralità, grazie alla micro-ossigenazione legata all’uso di questi contenitori. Anche i nomi delle birre, suddivise in tre linee, sono un chiaro riferimento al luogo: Nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Tra i vari assaggi, decisamente innovativi per la tradizione belga, consigliamo la Agape, in collaborazione con Finca Parera (un’azienda vinicola biodinamica catalana), che ha fornito il vino: una birra a fermentazione spontanea in stile Lambic, fermentata in botte con l’aggiunta di chardonnay e rifermentata in bottiglia. All’interno della chiesa è nato anche un pub per degustare direttamente in loco l’originale produzione di Heilig Hart Brouwerij.
Partendo dalla capitale, vale la pena di visitare la zona del Pajottenland, dove è nato nel 2019 Brouwerij Van’t Pajottenland (www.bvantp.be), un birrificio agricolo gestito da due soci, uno dei quali distillatore, che hanno ottimizzato le due attività con un impianto di cottura che serve sia il birrificio sia la distilleria (De Cort, nato nel 2015). Si brassa solo nel periodo da ottobre ad aprile, per sfruttare le temperature rigide dell’inverno, dal momento che le birre sono prodotte a fermentazione spontanea. Per riscaldare l’acqua della sala cottura da 30 hl si usa l’acqua calda prodotta dalla distilleria, risparmiando così energia elettrica, peraltro prodotta con un impianto fotovoltaico di proprietà che garantisce la completa indipendenza. In proprio vengono anche coltivati i cereali biologici per produrre il malto, che sarà presto lavorato nella malteria interna ancora in costruzione. Il luppolo è di provenienza belga e, come previsto dallo stile Lambic, si usano solo luppoli vecchi di oltre 10 anni, contribuendo così allo smaltimento di scorte invendute.
Tutti gli edifici e i mobili dell’annesso ristorante e pub sono costruiti con legni usati e riciclati, come le doghe delle vecchie botti da cui nascono poltrone per il dehors. Perfino le maniglie delle porte sono fatte con vecchi attrezzi da giardino non più in uso. Tutte le bottiglie che accolgono i distillati sono di vetro riciclato al 100% e così pure i tappi in plastica.
La vodka di patate viene prodotta con gli scarti delle patate di friggitoria vicina, mentre teste e code della distillazione del gin vengono ridistillati per produrre alcol da donare all’ospedale locale.