La birra italiana tra accise ed etichette

Due notizie, una buona e l’altra cattiva, segnano il comparto birrario italiano. La parola ad Alfredo Pratolongo, presidente di AssoBirra

Alfredo Pratolongo

Partiamo dalla buona notizia. Con il Decreto Mille Proroghe è stato approvato un emendamento che fissa le accise sulla birra, per il 2023, a 2,97 euro evitando un gravoso aumento a 2,99.  «Il contenimento delle accise è frutto di un lavoro di squadra con Unionbirrai e Coldiretti che potrà proseguire – ha dichiarato Alfredo Pratolongo, presidente di AssoBirra. – Già in passato siamo riusciti a ottenere una riduzione delle accise che, da 3,04 euro, sono passate a 2,94 per mitigare gli effetti del Covid e ora sono a 2,97 piuttosto che 2,99, come era stato previsto inizialmente. L’Italia comunque è l’unico Paese in Europa che ha ridotto le accise della birra e d’altra parte è l’unica bevanda da pasto che da noi è gravata da accise, un’anomalia che pesa su tutti, produttori, distributori e consumatori. Ridurre la pressione fiscale specifica per la birra contribuisce anche a promuovere e difendere il comparto birrario italiano rispetto al contesto internazionale, nel quale molti dei principali produttori – Germania e Spagna ad esempio – godono di un livello di accise anche 4 volte inferiore al nostro, che quindi favorisce la competitività delle aziende ivi locate e l’importazione di birra in Italia, che da anni infatti supera ampiamente il 30%».

Italiani consumatori moderati

Il presidente di AssoBirra tiene a sottolineare che gli italiani sono forse i soli in Europa a consumare la birra principalmente a tavola (tanto è vero che il 65% della birra viene acquistata al supermercato) e hanno un rapporto molto particolare con questa bevanda. «Forse perché da noi il mercato si è sviluppato in ritardo rispetto ad altri Paesi – spiega Alfredo Pratolongo – e, grazie anche alla diversificata proposta delle birre artigianali, si è registrata una notevole evoluzione del gusto, più che altrove, dove le proposte tendono magari a essere monotematiche per tradizioni produttive. Infatti, dal 2015 al 2020 il consumo delle birre speciali è raddoppiato». In Italia vi sono ancora dei ‘miti’ da sfatare, come quello della schiuma che gonfia o della birra che ingrassa, ma la penetrazione del prodotto è altissima, mentre il consumo procapite (35 l) è tra i più bassi d’Europa. Questo vuol dire che siamo bevitori moderati, che stanno premiando un prodotto leggero e poco alcolico con un aumento costante dei consumi, trend unico in Europa.

Avvertenze salute

Ed ora passiamo alla brutta notizia. All’orizzonte si profila qualche complicazione. «Innanzitutto, i costi dell’energia e della materia prima aumentati rappresentano un’incertezza. Anche se diminuiscono ora, bisogna fare i conti con i prezzi di qualche mese fa quando sono stati fatti gli acquisiti – spiega Pratolongo. – Previsti anche problemi con le etichettature di vino e birra con avvisi per il rischio salute. Stiamo lavorando col settore vinicolo e con organizzazioni e istituzioni straniere per impedire questi provvedimenti. D’altra parte, AssoBirra è l’unica associazione di categoria che ha lanciato campagne per il consumo moderato». Quella della birra è una filiera ad elevato valore aggiunto, in grado di fornire un prodotto di elevata qualità a prezzi bassi e provvedimenti di etichettatura come quelli ipotizzati avrebbero pesanti ricadute sul comparto.