Ingegnere birraio laureato al Politecnico di Weihenstephan con un’intera carriera nell’industria birraria italiana, Tullio Zangrando, dal suo esperto e acuto punto di vista, ci racconta l’evoluzione del settore nel nostro Paese in tre puntate. Partiamo dal passato con alcuni fatti decisivi
Foto in copertina: Tullio Zangrando, il decano del mondo birrario italiano, 90 anni compiuti in questi giorni
Missione impossibile lanciare in Italia, nel 1983, una pubblicazione periodica dedicata alla birra, quando il consumo pro capite era inferiore a 20 litri? All’inizio ben pochi (me compreso) credettero alle possibilità di successo di un’iniziativa del genere, soprattutto perché altre simili si erano arenate. Invece, l’amico Silvano Rusmini aveva visto giusto! Erano gli anni delle campagne pubblicitarie AssoBirra con il formidabile Renzo Arbore come testimonial. Erano gli anni in cui il Paese si stava risollevando dopo la prima crisi petrolifera (1973-74) e i terribili drammi del terrorismo. E le future sorti a noi giovani apparivano “magnifiche e progressive”, non solo per l’Italia in generale, ma anche per il settore birra in particolare. Da allora son passati 40 anni e Il Mondo della Birra li festeggia in ottima salute!
La prima riunione europea
Prima che Il Mondo della Birra nascesse, si erano verificati fatti decisivi per lo sviluppo del settore. Ricordo, in particolare, nel 1959 il Congresso dell’EBC, l’Associazione degli Industriali Europei della Birra, tenuto per la prima volta, da noi, in un Paese Mediterraneo con un consumo pro capite di soli 4,5 litri prodotti in una trentina di birrifici. L’organizzazione di AssoBirra fu perfetta, compresa la trasferta in treno dei numerosi partecipanti fino a Napoli per visitare il nuovissimo stabilimento Peroni, che li entusiasmò sia per le innovative e razionali soluzioni tecniche che per l’estetica degli edifici, oltre che per la magnifica ospitalità.
Tutto questo fu in un certo senso la prova che la birra italiana era diventata adulta e stava avvicinandosi a grandi passi al livello di industrie di ben più antica tradizione. Un’altra tappa importante sul piano internazionale può essere considerata l’affidamento all’Istituto di Tecnologie Alimentari dell’Università di Perugia, diretto da Corrado Cantarelli, dell’organizzazione del concorso Monde Selection in cui vinse Nastro Azzurro, oggi, insieme ad altre, prodotta su licenza anche all’estero.
La legge del 1962
Di rilevante portata per il settore fu la promulgazione, nel 1962, della Legge n.1354 sulla produzione della birra (successivamente aggiornata e modificata in funzione del progresso tecnico e tecnologico), alla cui formulazione collaborarono AssoBirra e l’Associazione Italiana dei Tecnici della Birra e del Malto (AITBM), fondata nel 1959. Fra l’altro permetteva, come materia prima, solo il riso (in una percentuale massima del 25% sul macinato totale) quale alternativa al malto della Legge di Purezza bavarese del 1516. A tutela della qualità del prodotto, AssoBirra ottenne anche l’inserimento nella legge dell’obbligo di servire la birra dissuggellando le confezioni originali in presenza del consumatore: così si evitò la delusione di coloro ai quali negli esercizi pubblici si offriva l’ultima porzione delle bottiglie da litro a tappo meccanico, aperte e richiuse più volte. Per la loro influenza sul futuro considero decisivi altri avvenimenti dei primi Anni Sessanta del secolo scorso, tra cui innanzitutto l’ingresso in forze del gruppo tedesco Oetker, con la costruzione di ben 4 nuove fabbriche a marchio Prinz-Bräu strategicamente distribuite fra il Piemonte e la Puglia. Fu uno scossone al sistema distributivo e finì malamente, con la progressiva chiusura, dopo pochi decenni di attività, di tutti i 4 stabilimenti, forse anche perché la qualità della birra non fu percepita dai consumatori come voleva far credere il claim pubblicitario ‘Prinz – la vera birra’, un attributo oggetto di lunghe controversie legali fra le aziende aderenti ad AssoBirra e la Oetker.
Arrivano gli stranieri
Ormai da alcuni anni il mercato della birra in Italia è controllato per circa il 90% dai gruppi multinazionali, mentre il resto è nelle mani di ‘privati’ (Forst, Menabrea, Castello e i tanti artigianali): una situazione conseguenza della globalizzazione, ma impensabile quarant’anni fa e che da noi è più pronunciata che in altri Paesi. Il primo passo in tale direzione fu compiuto il 1° gennaio 1960, con l’acquisto da parte di Heineken di una piccola quota del Gruppo Dreher, che però subì le conseguenze, negli anni successivi, di una cattiva gestione con un indebitamento che crebbe a dismisura. La botta definitiva alla sua italianità la diede la crisi petrolifera del 1973, con le difficoltà di approvvigionamento di bottiglie a perdere, sulle quali Dreher aveva basato l’espansione. Così il 1° agosto 1974, Heineken, inizialmente in cordata con Whitbread, poté incorporare Dreher. Valerio Roncen, manager in Dreher e poi in Moretti, mi raccontò di un lungo incontro nell’autunno 1974, a Firenze, fra i massimi esponenti di AssoBirra e il plenipotenziario Heineken-Whit-bread. In quell’occasione, Heineken pose alcune condizioni per entrare in AssoBirra, fra le quali l’impegno a potenziare la pubblicità collettiva, punto che piacque all’allora presidente di AssoBirra Aldo Bassetti. Da allora diverse furono le acquisizioni da parte delle multinazionali di aziende birrarie italiane di grande tradizione, partendo dalla Poretti (la Carlsberg ne acquistò il 50% delle azioni nel 1975 e completò l’operazione in più tappe) fino alla Peroni (assorbita da SAB-Miller nel 2003). Alcuni esperti le attribuiscono alla politica di molte aziende di oltralpe disposte a tutti i costi a entrare nel mercato italiano. Altri sono del parere che il sistema bancario italiano abbia dimostrato troppo scarsa fiducia nel settore, mancando di sostenerlo adeguatamente. Poi forse c’è stato anche qualche titolare cui non andava proprio il ruolo del “cavallo che deve trainare un carro molto pesante”, come disse Winston Churchill.
Nel frattempo, il settore birrario italiano ha registrato tanti e notevoli progressi. Ne parliamo nella prossima puntata.