Tra rincari e contenimento dei consumi, la strada è quella dell’innovazione. Ma non solo. La risposta in 5 mosse
di Giuliana Valcavi
Il mondo birrario è preoccupato. Crescono i costi delle materie prime. Si prospettano leggi più severe per il consumo degli alcolici e la guida. Il cambiamento climatico e le guerre fanno presagire un mercato in crescente difficoltà. Quale sarà la naturale conseguenza? Crescita degli analcolici? Crescita dei prodotti di maggior qualità e quindi maggior prezzo all’insegna del bevi meno, ma bevi meglio? Più consumi a casa? Per il momento, a fronte dell’inflazione, la risposta immediata e più scontata è stata l’aumento dei prezzi. Un recente studio della società di consulenza Deloitte indica che gli operatori della ristorazione hanno fatto soprattutto leva sui prezzi, aumentandoli per tutto l’assortimento o solo per alcuni prodotti. Però, il 50% ha anche previsto una riduzione dei margini di profitto. Le cose non vanno certamente meglio nella GDO, che registra a sua volta difficoltà, anche se più nel vino che nella birra.
Filiera corta e sostenibilità
«È sempre difficile azzardare previsioni. Da qualche anno ormai ci troviamo ad affrontare situazioni di instabilità in cui i margini di impresa sono fortemente influenzati dai rincari e da contesti e condizioni di mercato poco favorevoli, non è quindi una circostanza del tutto nuova quella che viviamo – ha indicato Vittorio Ferraris di Unionbirrai. – Quello che i birrifici artigianali italiani stanno facendo in questo momento è intercettare nuove modalità di consumo e allo stesso tempo concentrarsi sempre di più sui temi della filiera corta e della sostenibilità. Da sempre come associazione sosteniamo i valori della territorialità, ma oggi più che mai è importante porre l’attenzione su quello che è l’obiettivo di una filiera agricola sostenibile, sia dal punto di vista economico che qualitativo. In termini di prodotti relativamente innovativi, sempre più consistente risulta essere l’offerta di birre artigianali gluten free, ad esempio, o alcol free, che consentono anche l’ampliamento della platea dei consumatori. Le birre analcoliche rappresentano una tendenza piuttosto recente ma non sostituiscono i prodotti già presenti sul mercato, al contrario arricchiscono la proposta di birra artigianale. Ma a prescindere dalla gradazione alcolica, Unionbirrai da sempre sostiene l’importanza del bere bene e responsabilmente, promuovendo quindi un consumo consapevole e attento».
Occhio alla speculazione
Innovazione e attenzione alle nuove modalità di consumo è la risposta condivisa dai distributori specializzati Horeca, ma non l’unica. «Il distributore deve ampliare l’assortimento, inserire più referenze, offrire più alternative, cercare prodotti nuovi con story telling, che si distinguono, e prodotti dedicati e riservati al canale fuori casa – indica Giorgio Carlino, amministratore del consorzio Horeca – ma in tutto questo deve essere supportato dalle aziende produttrici in termini di comunicazione e a livello di sell out con aiuti concreti non solo sul breve termine». E per quanto riguarda l’inflazione? «Finora i distributori l’hanno contenuta riducendo i propri margini, ma non sarà possibile proseguire su questa strada. Gli aumenti previsti per il 2024 difficilmente saranno anche solo parzialmente assorbibili dai distributori, pertanto, ci troveremmo costretti a riversare gli incrementi sui nostri clienti con effetti ulteriormente negativi sui consumi – risponde Giorgio Carlino. – D’altra parte, si parla già di contenimento dei costi energetici e di quelli delle materie prime. Quindi, ci auguriamo che l’industria valuti con attenzione la situazione generale e che non venga coinvolta in dinamiche speculative già vissute nel recente passato, che potrebbero influenzare negativamente i consumi di birra, già in difficoltà nella competizione con prodotti come i mix, i quali godono di una percezione di valore più elevata».
Riduzione accise
Per AssoBirra si parla di uno “stop alla ripresa che rende oggi più che mai imprescindibile un intervento da parte di Governo e Parlamento nei confronti del comparto brassicolo” e in più contesti chiede da tempo “una riduzione limitata ma strutturale delle accise che ingiustamente gravano sulla birra, l’unica bevanda da pasto che in Italia ne è soggetta. Soprattutto perché sul comparto pende una spada di Damocle: il riaumento delle accise a partire dal 1° gennaio 2024.” Ricordiamo infatti che a inizio 2023, con il Decreto Milleproroghe, era stato approvato un emendamento che ha portato le accise sulla birra, solo per l’anno in corso, a 2,97 euro per ettolitro e per grado-Plato, evitando un gravoso aumento a 2,99 euro. «Uno sforzo che ha permesso di rimediare soltanto in parte ai contraccolpi del contesto economico sfavorevole che è andato aggravandosi nei mesi» hanno ribadito da AssoBirra. «È quindi importante che il Governo prosegua nel cammino intrapreso fermando gli aumenti previsti e proseguendo il percorso di riduzione, limitando così anche ripercussioni sui costi e prezzi nella filiera che porterebbero ulteriori riduzioni di volumi – afferma Alfredo Pratolongo, presidente di AssoBirra. – II settore birrario, che ha investito in innovazione oltre 250 milioni negli ultimi quattro anni, sta inoltre perdendo la propria competitività rispetto all’estero, dove diversi Paesi pagano accise anche quattro volte inferiori alle nostre, come nel caso della Germania. Uno stimolo fiscale avrebbe il merito di rendere più competitivi gli operatori italiani sui mercati internazionali, dove la birra si sta affermando come un altro pregiato prodotto del Made in Italy. Per garantire competitività e occupazione chiediamo al Governo di utilizzare la leva fiscale inserendo nella prossima Legge di Bilancio un calendario di riduzioni delle accise per il prossimo triennio – finalmente strutturale – per ridare slancio a un comparto fiore all’occhiello dell’economia italiana».
Rischio concentrazione
Diminuzione della produzione di orzo distico in Italia con conseguente crescita dei costi della materia prima, a cui si aggiunge l’aumento del costo energetico di trasformazione in malto a causa della crisi ucraina e la crescita dei prezzi dei materiali di confezionamento, che ha portato a un aumento dei costi fissi di produzione di circa il 50% rispetto ai valori prepandemia, con conseguente riduzione della marginalità d’impresa. Carlo Schizzerotto, direttore di Consorzio Birra Italiana indica come i produttori si trovino spesso soli a dover fronteggiare gli effetti di questioni più grandi di loro tipiche di questa economia globale sempre più interconnessa: «In Italia il settore birraio ha conosciuto grandi cambiamenti negli ultimi 20 anni, sin dall’avvento sul mercato dei produttori artigianali. Al giorno d’oggi, tuttavia, data la sofisticazione del mercato, il numero di attori in campo, le tematiche globali in campo, si prospetta un momento difficile che potrebbe portare a una concentrazione del mercato, quindi a un numero inferiore di attori in grado di interpretare il mercato ed elaborare strategie idonee alla sopravvivenza d’impresa».
Qualità e no alcol
Infine, ancora sul fronte distributivo, Partesa, società specializzata nei servizi di vendita, distribuzione, consulenza e formazione per il canale Horeca, in un comunicato stampa indica che “nonostante mesi di pesante inflazione, la ricerca di qualità superiore continua a guidare le scelte degli italiani fuori casa in ogni luogo e occasione di consumo, all’insegna di una cultura del sapere bere e del bere responsabile” e indica che tra le birre continuano a crescere i brand della tradizione italiana e le Lager Plus, mentre nel mondo delle speciali si consolida la richiesta di IPA e APA, soprattutto alla spina.
Carlo Schizzerotto sottolinea che sin dal 2008 i segmenti di mercato della birra che hanno dimostrato le performance di crescita più interessanti sono state le birre speciali e le birre analcoliche. Prodotti ad alto valore aggiunto e ricchi di contenuti. Se le birre speciali sono passate dall’8% di market share del 2008 al 17% nel 2022, dall’altra parte le birre analcoliche stanno guadagnando terreno. «Osservando l’andamento del mercato degli altri Paesi europei, anche a lunga tradizione brassicola, la quota di mercato ha, in alcuni casi, raggiunto la doppia cifra per i prodotti analcolici – indica Carlo Schizzerotto. – L’Italia ha dimostrato di essere in linea con la tendenza europea per quanto concerne le birre speciali, grazie al traino della birra artigianale che ha prodotto i suoi effetti sul mercato a livello globale. Il consumatore di birra moderno è più attento a cosa beve, prediligendo la qualità e mostrando crescente interesse nei confronti della filiera agricola italiana, specie nel fuori casa. Sul fronte dei prodotti analcolici, complice la crescente offerta, la sensibilità del consumatore, specie under 30, è certamente in crescita esponenziale, non solo nel settore della birra. Nei prossimi anni potremmo vedere un arricchimento della proposta e una definizione in linea con l’Europa delle varie sfumature di prodotti a basso contenuto di alcol, ed il rifiorire delle birre leggere e di stili tradizionali a basso contenuto alcolico come le mild o le bitter». Infine, qualche previsione sui luoghi di consumo. «Nei prossimi anni ci sono alcuni fattori da considerare per provare ad immaginare il futuro: in primo luogo il crescente interesse della distribuzione organizzata verso i prodotti speciali che potrebbe portare a una maggiore diversificazione sugli scaffali – ha concluso Schizzerotto. – D’altro canto, l’innalzamento delle temperature potrebbe incoraggiare i consumatori a frequentare con maggior frequenza locali e birrerie foraggiando il mercato fuoricasa».